altre minacce alle basi d’appoggio EZLN

La Jornada – Domenica 3 luglio 2011

Aumentano le minacce contro le basi di appoggio zapatiste. Si teme un’aggressione armata

 

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, 2 luglio. Le basi di appoggio dell’EZLN dell’ejido San Marcos Avilés, municipio di Sitalá, si trovano in una situazione allarmante. Dopo mesi di minacce, aggressioni ed espropri da parte di gruppi vincolati ai tre partiti che condividono il potere istituzionale nella regione tzeltal, c’è ora il rischio di un’aggressione armata, perché gli aggressori si sono riforniti di pistole e fucili, molte armi fornite da Ernesto López Núñez, ex poliziotto del vicino municipio di Chilón.

La giunta di buon governo (JBG) Corazón céntrico de los zapatistas delante del mundo, del caracol di Oventic, ha diffuso una denuncia dettagliata della situazione a San Marcos. Dall’anno scorso, segnala, i “nostri compagni vivono una situazione molto difficile a causa di persone dei diversi partiti politici e di autorità della comunità stessa”.

Le minacce di morte, le vessazioni, gli espropri di terre coltivate e gli sgomberi sono cominciati l’anno scorso, “per il fatto di aver dato avvio alla scuola autonoma nel villaggio”. Nel 2010 era stato fermato uno zapatista “ed obbligato a firmare un documento per uscire dall’organizzazione; il nostro compagno si rifiutò ma ricevette minacce e insulti”. Dissero che avrebbero preso le terre degli zapatisti.

Il 24 e 25 agosto si presero delle terre “che erano state comperate più di 10 anni fa”. Sottrassero agli zapatisti 31 ettari, in diversi posti dell’ejido stesso, con 5.850 piante di caffè, 10 ettari di milpa, fagioli, bestiame, sei cavalli e tre case”. Il 9 settembre gli zapatisti furono cacciati e dopo essere rimasti 33 giorni in montagna, il 12 ottobre tornarono. Le loro case, i loro beni e le loro coltivazioni erano stati saccheggiati e distrutti.

Il 2 gennaio, le autorità ufficiali di San Marcos volevano obbligare gli zapatisti in resistenza a pagare l’imposta sull’elettricità minacciandoli di cacciarli nuovamente. L’8 febbraio le autorità dei diversi partiti volevano fargli pagare il podere.

Il 13 febbraio, l’ex poliziotto López Núñez reclamò infondatamente come suo un terreno delle basi dell’EZLN. A partire da quella data le persone dei partiti PRI, PRD e PVEM hanno cominciato ad affittare il terreno a persone degli ejidos Tzajalá e Progreso, oltre ad 8 ettari che appartengono per diritto ejidale agli zapatisti. Il 17 febbraio le autorità ufficiali hanno cercato di pagare l’imposta del terreno “all’Agenzia del Fisco di Chilón, e lì hanno chiesto loro un documento firmato dagli zapatisti dove si diceva che questi ultimi non avrebbero pagato”. Ma i filogovernativi hanno raccolto i soldi per pagare allo scopo di appropriarsi dei terreni delle basi zapatiste”.

Il 25 febbraio gli zapatisti erano andati a lavorare nelle loro piantagioni di caffè mentre 30 dei loro aggressori si riunivano per prendere accordi”, ed il giorno seguente “sono arrivati nella piantagione di caffè, armati e minacciando la JBG ed i nostri compagni”. Inoltre hanno messo in vendita la piantagione di caffè “a 14 mila pesos per ettaro, per comprare altre armi”.

Il 6 aprile nella comunità è stato installato un accampamento civile per la pace e subito gli osservatori sono stati minacciati. Dalla fine di marzo “gli aggressori hanno lavorato gli appezzamenti dei nostri compagni ed hanno abbattuto milpas, canne da zucchero, alberi, banani, piante di caffè”. Gli osservatori hanno documentato la presenza della Polizia Federale nella comunità in ripetute occasioni “col pretesto di controllare i due gruppi”.

Il 20 aprile ci sono stati degli spari mentre proseguivano le minacce e le occupazioni di terre zapatiste. Il gruppo armato di 30 aggressori dei diversi partiti si riuniscono continuamente per programmare azioni “contro gli internazionali e dicono di non aver paura di fare il necessario per disfarsi degli osservatori”. Tutti i lavori che realizzano le basi di appoggio zapatiste sono distrutti. Il 24 aprile, Abraham Kanté López, del PRI, ha detto agli zapatisti “che li avrebbe ammazzati” se raccoglievano legna o mais nel suo terreno. Il 25 aprile, il priísta Manuel Díaz Ruiz ha occupato una milpa di 5 ettari che appartiene ad uno zapatista.

La JBG conferma che gli aggressori hanno almeno una trentina di armi di vario calibro. Il 21 maggio, “alcune donne dei partiti politici hanno accusato di furto gli osservatori quando alcuni funzionari erano venuti a distribuire le briciole del malgoverno a Yokjá e questi ultimi sono stati assaltati da un gruppo di uomini mascherati”.

Il 22 maggio i dirigenti del gruppo aggressore José Cruz Hernández, Ernesto Méndez Gutiérrez, José Guadalupe Kante Gómez, Domingo Ruiz Pérez, Alejandro Núñez Ruiz e Genaro Vázquez Gómez “si erano riuniti, tutti armati, in una bottega sulla strada”. Lorenzo Ruiz Gómez, Carlos Ruiz Gómez ed Ernesto López Núñez sono andati a casa dello zapatista Lorenzo Velasco Mendoza, “e quando sua moglie li ha visti si è messa a gridare e chiamare Lorenzo” e gli aggressori sono fuggiti. “Il loro obiettivo era violentare la compagna e catturare gli osservatori”.

Il 3 giugno è stato bruciato il terreno di Sebastián Ruiz López. “Il loro piano era far accorrere le basi di appoggio per spegnere l’incendio e da lì incominciare uno scontro”, rivela la JBG. Lo stesso giorno, 20 uomini armati “hanno bloccato la strada”. Il giorno 5 i dirigenti dei partiti “hanno steso un verbale di accordo rivolto al capo militare di Ocosingo, Fernando Martínez, per chiedere l’intervento dei soldati”, perché loro “avevano già fatto tutto quanto possibile per farla finita dei compagni, ma non ci sono riusciti”. Quel giorno, i dirigenti degli aggressori sono andati a Sitalá e San Joaquín “per cercare delle persone che sono assassini per uccidere i nostri compagni”.

Il 13 giugno sono iniziati i pattugliamenti militari sulla strada che va a Tacuba. Il giorno 18, un gruppo di basi di appoggio è stato minacciato da Lorenzo Ruiz Gómez, originario di San Marcos e da Vicente Ruiz Pérez, di Tacuba Nueva. Il 25 giugno, all’1 di notte, gli aggressori armati hanno circondato la casa di Juan Velasco Aguilar. Il giorno 30 “si è presento un gruppo di delegati del governo dello stato a parlare col commissari”, ed hanno annunciato che sarebbero tornati sabato, non si sa a che scopo”.

Né le basi di appoggio né la JBG hanno risposto in maniera violenta “né con fatti né con parole, perché noi zapatisti siamo gente ragionevole e di sani principi e non vogliamo scontrarci coi nostri stessi fratelli indigeni, ma i cattivi governanti vogliono a tutti i costi che siamo nemici e che ci uccidiamo tra noi”, sostengono le autorità autonome. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/03/politica/021n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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fra i presidi in italia in solidarietà alla Val Susa..da Alessandria riceviamo e volentieri pubblichiamo

Ieri pomeriggio il Csa Lacandona  e il Laboratorio anarchico PerlaNera hanno
effettuato un volantinaggio in Alessandria in solidarietà ai valsusini, al
movimento NO TAV e a tutti coloro che in questi anni e, soprattutto, in
questi
ultimi giorni li hanno sostenuti.
In un'ora di volantinaggio, i Compagni hanno distribuito 400 volantini e
dialogato con i cittadini di Alessandria.
La scelta di intervenire immediatamente senza attendere il presidio di oggi
pomeriggio, al quale alcuni Compagni del PerlaNera saranno comunque presenti,
è
dovuta sia alla gravità di quanto è accaduto sia al fatto che alcuni di noi
si
trovavano ancora in Valsusa ed altri si apprestavano a partire per
partecipare
all’assemblea del movimento NO TAV.

CSA Lacandona , Valenza
Laboratorio anarchico PerlaNera, Alessandria

SOLIDARIETA’ AI VALSUSINI
                                         DISPREZZO AGLI AGUZZINI

                             No tav

A voi, che alla terra all’acqua al sole e al vento preferite il cemento!
A voi, che violentate la terra…
A voi, che avvelenate l’aria…
A voi, che deturpate gli orizzonti…
A voi, sporchi nella coscienza e ingordi nell’interesse privato!
   A voi, affabulatori dell’ignoranza altrui…
A voi, autoritari e repressivi verso chi considerate “sovversivi”!
   A voi la nostra rabbia, la nostra lotta, il nostro disprezzo!
   A voi che magari ingabbierete le nostre membra… ma
che non potrete impedire ai nostri sogni di volare liberi e contagiosi!

                                                                     @narchici
Alessandria e provinci@
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LA GUERRA SPORCA DI CALDERON

La guerra sporca di Calderón: un Paese nel baratro

http://revistaemet.net/sitio.php

 

Dopo che Felipe Calderón ha rifiutato pubblicamente di modificare la strategia della “guerra al narcotraffico”, sostenendo di essere “pronto a pagarne i costi “morali”, senza assumersi la colpa e la responsabilità per gli oltre 40 mila morti e le più di 10 mila sparizioni, la società civile organizzata si è rammaricata della sua decisione, la Chiesa cattolica ha accusato il governo corrotto che egli guida di essere il colpevole del fatto che ogni giorno altri giovani alimentino le fila della delinquenza organizzata, l’UNAM ha confermato il grave deficit educativo del paese e la cancellazione del futuro delle nuove generazioni, la Commissione Nazionale dei Diritti Umani ha denunciato che le denunce in materia di violazione dei diritti umani sono aumentate del 45% rispetto all’anno scorso e l’ONU ha rivelato che negli Stati Uniti si è ridotto il consumo di droga, nonostante si consumino annualmente 157 tonnellate di cocaina ed i suoi tossicodipendenti spendono più di 37 mila milioni di dollari solo per questo stupefacente.

 

Dopo il fallimento del dialogo con i membri del Movimento del Messico per la Pace con Giustizia e Dignità, nel Castello di Chapultepec, che è stato un dialogo tra sordi per la stoltezza dell’inquilino di Los Pinos, il suo ufficio stampa si è preoccupato di trasformare il circo montato per il michoacano in un “successo” della sua amministrazione ed in un “avvicinamento” col popolo, di diffondere che è stata “un’esperienza intensa ed istruttiva”, di ribadire che non è colpa del governo l’ondata di violenza che deteriora il paese e le decine di migliaia di morti e scomparsi e di utilizzare tutti i mezzi di comunicazione a questo scopo. Il “lavarsi le mani” di Calderón, l’elusione delle responsabilità e la reiterazione che la guerra irregolare ed incostituzionale contro i cartelli della droga proseguirà fino alle sue ultime conseguenze, prosegue dal pomeriggio di giovedì ed il martellamento proseguirà senza alcun dubbio per tutto il fine settimana.  ……

http://revistaemet.net/sitio.php?site=news&content=1&id=2264

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minacce alla basi di appoggio dell’EZLN

La Jornada – Martedì 28 giugno 2011


Minacciate basi di appoggio dell’EZLN


Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 27 giugno. Nell’ejido San Marcos Avilés, municipio di Chilón, le basi di appoggio dell’EZLN sono minacciate di morte, perseguitate ed a rischio di sgombero forzato, ha comunicato questa notte il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba). Gli aggressori sono abitanti dello stesso ejido affiliati a PRI, PRD e PVEM.

Il Frayba ha allertato “sull’imminente rischio della vita, integrità e sicurezza personale che subiscono le basi zapatiste di San Marcos Avilés, poiché le minacce di morte sono aumentate”, oltre all’occupazione ed esproprio di terre.

Hanno ricevuto minacce anche i membri dell’Accampamento Civile per la Pace installato nella comunità lo scorso aprile. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/28/politica/015n3pol

 

Link: Azione Urgente del Frayba

 

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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minacce alla base di appoggio zapatista San Marcos Alvilès

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

27 giugno 2011

Azione Urgente No. 3

Minacce di morte, persecuzione e rischio di sgombero forzato a San Marcos Avilés


Secondo informazioni raccolte da questo Centro dei Diritti Umani (Frayba), nell’ejido San Marcos Avilés, municipio di Chilón, esistono minacce di morte, persecuzione, abuso e rischio di sgombero forzato delle Basi di Appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN) da parte di abitanti dello stesso ejido) affiliati al Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) e Partito Verde Ecologista del Messico (PVEM).


Di fronte a questa situazione il Frayba manifesta la sua preoccupazione per l’imminente rischio della vita, integrità e sicurezza personale che subiscono le BAEZLN, abitanti dell’ejido San Marcos Avilés, poiché dette minacce di morte sono proseguite ed anzi aumentate nel corso degli ultimi giorni; inoltre l’occupazione ed esproprio di terre impedisce di lavorare nei campi e di raccoglierne i prodotti di base per la comunità e questo provoca la mancanza di cibo con conseguente gravi danni per la salute di bambini, bambine, donne, uomini, anziane ed anziani.


Per questo, le famiglie BAEZLN temono di essere nuovamente sgomberate, ragione per cui questo Centro dei Diritti Umani denuncia:


La responsabilità dello Stato per omissione poiché le autorità governative non hanno agito per garantire l’integrità ela  sicurezza fisica delle BAEZLN e l’accesso alla terra nonostante i vari interventi inviati da questo Centro dei Diritti Umani;

e chiede:

 

  • La sospensione delle minacce di morte, persecuzione e sgombero contro le BAEZLN da parte dei membri dei partiti politici dell’ejido San Marcos Avilés;

 

  • Di proteggere e garantire la vita, l’integrità e la sicurezza personale delle BAEZLN nel rispetto del loro processo autonomistico che stanno costruendo da anni nell’ambito del diritto alla libera determinazione dei popoli, stabilito dal Trattato 169 sui popoli indigeni e tribali in paesi indipendenti e dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni.

 

Precedenti:

IL 9 settembre 2010 questo Centro dei Diritti Umani ricevette la denuncia della Giunta di Buon Governo Corazón Céntrico de los Zapatistas Delante del Mundo, del Caracol 2 Resistencia y Rebeldía por la Humanidad con sede ad Oventic, San Andrés Sakamch´en de Los Pobres, Chiapas, in relazione alle minacce di sgombero forzato contro 170 persone, tra uomini, donne, bambini BAEZLN, dell’ejido San Marcos Avilés del municipio de Chilón, Chiapas; dopo che nel mese di agosto 2010 le BAEZLN avevano costruito la prima scuola autonoma nell’ejido per l’avvio delle attività previste dal Sistema Educativo Ribelle Autonomo Zapatista.

Quel giorno, 30 persone dell’ejido San Marcos Avilés affiliate ai partiti PRI, PRD e PVEM, guidati da Lorenzo Ruiz Gómez e Vicente Ruiz López, entrarono in maniera violenta, con bastoni, machete ed armi nelle case di Basi dell’EZLN, tentando di violentare due donne che riuscirono a scappare. Per non rispondere all’aggressione, le BAEZLN abbandonarono le proprie case rifugiandosi in montagna. Dopo 33 giorni di allontanamento forzato senza cibo e senza alcuna protezione, il 12 ottobre 2010 famiglie BAEZLN, 50 donne, 47 uomini e 77 bambini; in totale 170 persone fecero ritorno in comunità.

Sulla base di quanto documentato da questo Centro dei Diritti Umani, le case degli sfollati sono state saccheggiate e derubate di tutti i loro beni, mais e fagioli; le loro coltivazioni di caffè ed alberi da frutta sono stati distrutti; sono spariti anche gli animali che ogni famiglia possedeva.

Da quando il Frayba è a conoscenza dei problemi dell’ejido San Marcos Avilés, ha informato in diverse occasioni le autorità governative della situazione, al fine di sollecitare il compimento del loro obbligo di garantire l’integrità e la sicurezza personale degli abitanti e cercare una soluzione al conflitto. Nonostante questo, non c’è stata risposta.

Tuttavia, anche quando la popolazione sfollata ha fatto ritorno nella comunità di origine, abbiamo ricevuto e documenato minacce persistenti e quotidiane nella comunità, per cui esiste il rischio di sgombero forzato. Il giorno 6 aprile 2011, nell’ejido è stato installato un Accampamento Civile per la Pace, composto da osservatori civili per dissuadere possibili azioni violente, tuttavia anche loro stessi sono oggetto di minacce.

*-*

MANDATE LA VOSTRA PROTESTA AGLI INDIRIZZI RIPORTATI IN FONDO AL TESTO CHE PROPONGO, METTENDO SEMPRE IN COPIA IL FRAYBA:

 

Nos unimos a la solicitación del Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas para señalar la situación de amenazas de muerte, hostigamiento, despojo y riesgo de desplazamiento forzado a Bases de Apoyo del ejercito Zapatista de Liberación Nacional (BAEZLN) por parte de habitantes del mismo ejido, afiliados al Partido Revolucionario Institucional (PRI), Partido de la Revolución Democrática (PRD) y Partido Verde Ecologista de México (PVEM) en el ejido San Marcos Avilés, municipio de Chilón, Chiapas, y exigimos:

 

  • El cese a las amenazas de muerte, hostigamiento y despojo en contra de las BAEZLN por parte de los integrantes de los partidos políticos del ejido San Marcos Avilés;

 

  • Proteger y garantizar la vida, la integridad y seguridad personal de las BAEZLN respetando su proceso autónomo que vienen construyendo desde años en el marco del derecho a la libre determinación de los pueblos, establecido en el Convenio (No. 169) sobre pueblos indígenas y tribales en países independientes y la Declaración de las Naciones Unidas sobre los Derechos de los Pueblos indígenas.

 

 

Inviare a:

Lic. Felipe de Jesús Calderón Hinojosa

Presidente de la República

Residencia Oficial de los Pinos

Casa Miguel Alemán

Col. San Miguel Chapultepec,

C.P. 11850, México DF

Tel: (52.55) 2789.1100 Fax: (52.55) 5277.2376 Correo: felipe.calderon@presidencia.gob.mx


Lic. José Francisco Blake Mora

Secretario de Gobernación

Bucareli 99, 1er. Piso, Col. Juárez,

Del. Cuauhtémoc,

C.P. 06600 México D.F.

Fax: (52.55) 50933414;
secretario@segob.gob.mx, contacto@segob.gob.mx

Lic. Juan José Sabines GuerreroGobernador Constitucional del Estado de Chiapas

Palacio de Gobierno del Estado de Chiapas, 1er Piso
Av. Central y Primera Oriente, Colonia Centro, C.P. 29009
Tuxtla Gutiérrez, Chiapas, México

Fax: +52 961 61 88088 – + 52 961 6188056

Extensión 21120. 21122; Correo: secparticular@chiapas.gob.mx


Dr. Noé Castañón León

Secretario General de Gobierno del Estado de Chiapas

Palacio de Gobierno del Estado de Chiapas, 2do Piso

Av. Central y Primera Oriente, Colonia Centro, C.P. 29009

Tuxtla Gutiérrez, Chiapas, México

Conmutador: + 52 (961) 61 2-90-47, 61 8-74-60

Extensión: 20003; Correo: secretario@secgobierno.chiapas.gob.mx

Lic. Raciel López Salazar

Procuraduría General de Justicia de Chiapas

Libramiento Norte Y Rosa Del Oriente, No. 2010, Col. El Bosque

C.P. 29049 Tuxtla Gutiérrez, Chiapas

Conmutador: 01 (961) 6-17-23-00. Teléfono: + 52 (961) 61 6-53-74, 61 6-53-76, 61 6-57-24,

61 6-34-50

raciel.lopez@pgje.chiapas.gob.mx


Dr. Santiago Canton

Comisión Interamericana de Derechos Humanos
1889 F Street, NW
Washington, D.C. 20006
USA

Fax 1-202-458-3992


INVIARE COPIA DELLA VOSTRA PROTESTA A:

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, A.C.

Calle Brasil 14, Barrio Méxicanos,

29240 San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México

Tel: 967 6787395, 967 6787396, Fax: 967 6783548: accionurgente@frayba.org.mx

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serata il 30 giugno al cox18 di Milano

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NO TAV..LINK PER TENERSI AGGIORNATI

http://www.notav.info

 

NO TAV SOLIDARIETÀ ALLA VAL SUSA

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..resistenza fra Perù e Bolivia..

Dal Popo al Titi

http://blog.ilmanifesto.it/popocate/2011/06/23/dal-popo-al-titi/

 

Gli aymara delle Ande – un popolo-nazione di origini preincaiche, oggi diviso fra Perù e Bolivia – non sono gente da farsi mettere sotto, storicamente parlando. E ancora oggi danno prova della loro ammirevole capacità di lotta, vincendo in questi giorni una controversia di enorme importanza: la progettata centrale idroelettrica sul fiume Inambari non si farà. Un decreto ministeriale del governo uscente di Alan García cancella il progetto, che aveva sollevato la resistenza compatta degli abitanti dell’altopiano.

 

Gli aymara della regione di Puno – che comprende il lago Titicaca, il più alto lago navigabile del mondo, preziosa riserva d’acqua insieme ai ghiacciai andini – riuniti nel Frente de defensa de los recursos naturales de la región sur de Puno, erano da più di un mese in agitazione, praticando forme di lotta dura che condividono con molti altri popoli indoamericani, primo fra tutti il blocco delle arterie stradali o fluviali che attraversano i loro territori. Queste e altre misure di pressione sulle autorità – scioperi, manifestazioni, piantoni, blocco del ponte internazionale del Desaguadero, che collega il Perù con la Bolivia sulle sponde del Titicaca – hanno ottenuto la cancellazione del megaprogetto, che era stato affidato alla compagnia Egasur (Empresa de Generación Eléctrica Amazonas Sur), filiale del consorzio brasiliano Igesa, come ha annunciato giorni fa il viceministro per l’energia Luis González Talledo. La centrale sarebbe costata 5 miliardi di dollari e avrebbe prodotto 2.200 megawatt, ma solo la metà dell’energia era destinata al Perù, il resto sarebbe andato al Brasile.

 

A livello dichiarativo, il viceministro peruviano ha perfino affermato che d’ora in poi le concessioni alle multinazionali dovranno passare per l’approvazione delle popolazioni interessate, attraverso consulta previa “libera e informata”,  come prevede il trattato 169 della Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro.

 

Il viceministro si è dimenticato di puntualizzare che una legge del Congresso che assume il trattato 169 nella legislazione nazionale – approvata dopo la strage di Bagua del giugno 2009, una strage di stato con cui il governo credeva di stroncare l’agitazione amazzonica – è stata bloccata dal presidente Alan García e giace, in attesa di revisione, nella terra di nessuno fra il Congresso e la presidenza.

 

Ma quello che prevale in questi giorni fra il vasto e compatto movimento popolare è la soddisfazione di aver fatto saltare un megaprogetto come la centrale dell’Inambari, certo utile per la crecente domanda di energia della regione ma nefasto per l’ambiente e le popolazioni locali.

 

Mauricio Rodríguez, presidente regionale di Puno, si è dichiarato soddisfatto del decreto governativo: “Il progetto della idroelettrica non solo avrebbe danneggiato la sicurezza e la vita della regione, ma avrebbe anche interferito con l’autostrada Interoceanica (ancora incompleta, che attraverso Bolivia e Brasile unisce il Pacifico all’Atlantico, ndr). L’Interoceanica passa proprio per dove volevano costruire la centrale idroelettrica, 100 chilometri di autostrada sarebbero finiti sott’acqua. Lì ci sono terre coltivabili, biodiversità, 10mila abitanti.”

 

Ma la vittoria della resistenza popolare sul megaprogetto dell’Inambari, che non è un trionfo definitivo ma solo una tregua temporanea, non ha smobilitato il movimento, che non rinuncia agli atri due obiettivi: il risanamento del fiume Ramis e un alt definitivo alle concessioni minerarie nella regione. Il Frente de defensa non pretende eliminare tutte le attività estrattive, petrolifere e minerarie, perché è cosciente che si tratta di una risorsa irrinunciabile, ma esige – con la forza che danno il diritto alla vita e il rispetto del territorio – che queste attività vengano condotte in maniera responsabile, consultando e beneficiando le popolazioni locali, che hanno diritti storici su quei luoghi in quanto popoli originari, e cercando di ridurre al minimo l’impatto ambientale. Tutte cose fattibili, se non fosse per la devastante voracità delle multinazionali e la poca trasparenza delle concessioni.

 

Mentre nella provincia di Carabaya, che era stata il centro delle agitazioni nell’ultimo mese, la gente festeggia (ma senza disarmare completamente) e le scuole riaprono, ad Ayaviri, nella provincia di Melgar, la gente fa scioperi a singhiozzo e blocchi stradali per far sospendere (o almeno controllare) l’attività di tre compagnie minerarie.

 

L’apparente atteggiamento distensivo del governo è fortemente contraddetto da quanto è successo a Lima mercoledì 15 giugno: il presidente del Frente de defensa di Puno, Walter Aduviri, che si trovava nella capitale insieme ad altri sette dirigenti per dialogare con il governo, non solo non è stato ricevuto da nessuna autorità ma si è trovato all’interno di una stazione televisiva, dove aveva partecipato a una trasmissione, con la polizia fuori che lo aspettava per arrestarlo. Walter Aduviri, che ha contato sulla protezione del direttore di Panamericana Tv e di due parlamentari appena eletti, si è trovato nella scomoda posizione di leader-portavoce di un movimento, ma anche di accusato di reati commessi da manifestanti, il 26 maggio a Puno. Istigatore di violenze, insomma (ma sono in molti ad aver denunciato la presenza di infiltrati in quella manifestazione).

 

Il governo di Alan García, con lo stesso giochino che usò anche due anni fa con gli amazzonici di Bagua, prima invita al dialogo, poi fa tintinnare le manette. Il giorno dopo però, i mandati di cattura contro i dirigenti aymara sono stati ritirati. “Non sono un delinquente,” ha detto Walter Aduviri uscendo dalla stazione televisiva. “Difendere le risorse naturali non è cosa da delinquenti.”

 

Più di duecento militanti del Frente de defensa avevano passato la notte di fronte alla sede dell’emittente per impedire la cattura del loro leader e Alberto Pizango, dirigente dell’Aidesep, la maggiore organizzazione degli indigeni amazzonici, è venuto a esprimere la solidarietà del movimento di lotta indoamazzonico. Altre migliaia di sostenitori avevano già annunciato forti proteste nella città di Puno nel caso Aduviri fosse stato arrestato.

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Chiapas: riforma scolastica discriminatoria

La Jornada – Lunedì 27 giugno 2011

Comunità in Chiapas si oppongono alla riforma dei Licei Interculturali

Hermann Bellinghausen. Inviato.San Cristóbal de las Casas, Chis., 26 giugno. Autorità comunitarie e comitati di genitori dei Licei Interculturali della zona Nord respingono il progetto della Segreteria della Pubblica Istruzioni (SEP) di trasformare le loro scuole in parte del sistema di Istruzione Media Superiore a Distanza (Emsad). L’imposizione di questa misura è vista dalle comunità “come una forma di discriminazione e mancanza di rispetto delle garanzie costituzionali”.

Le autorità educative dello stato, aggiungono gli indigeni, “fanno pressione sugli insegnati, sul personale amministrativo e sui genitori affinché accettino la riforma”. Le comunità non sono d’accordo, “perché è molto positivo” il lavoro svolto da questi centri di studio. “Qui si sono formati, nei passati cinque anni, un gran numero di giovani che attualmente frequentano l’università e che rivendicano la propria identità, elaborano progetti comunitari per uno sviluppo sostenibile, rispettano la loro forma di organizzazione e la percezione del mondo”.

In altre entità “i governi statali si sono fatti carico dell’operato di questi licei e ne stanno aprendo di nuovi”.

I Lice Interculturali rappresentano un’esperienza fortunata nelle comunità, principalmente tzeltales, di Chilón e Yajalón. Dal 2005 in Chiapas ci sono quattro licei interculturali: tre a Chilón (San Jerónimo Tuliljá, Nuevo Progreso e Jol Sac Hun) ed uno ad Amado Nervo, municipio di Yajalón.

Questi istituti sono amministrati dal Collegio Liceale del Chiapas ed operavano in base ad un accordo tra la SEP ed il governo statale. Ora, la SEP ha deciso di revocare l’accordo e, secondo le comunità,  “il governo del Chiapas, col pretesto che non riceve più finanziamenti federali, vuole cancellare l’opera di questi istituti e trasformarli in Emsad”.

Una quinta scuola interculturale, a Guaquitepec (Chilón), più antica e con caratteristiche più autonome, nei mesi recenti ha visto minacciata la sua sopravvivenza dai cacicchi filogovernativi e da presunti problemi agrari (La Jornada, 15 e 16 aprile).

Gli indigeni invocano l’articolo 2 della Costituzione, che stabilisce che lo Stato deve “garantire ed incrementare i livelli di scolarità, favorendo l’educazione bilingue e interculturale, l’alfabetizzazione, la conclusione dell’educazione base, la formazione e l’istruzione media superiore e superiore”, e segnalano che il Trattato 169 dell’OIL, sottoscritto dal governo messicano, “riconosce il diritto alla libera determinazione dei popoli indigeni”.

I comitati dei genitori dei Licei Interculturali chiedono al governo di Juan Sabines Guerrero “le risorse necessarie per far funzionare questi licei, e che si adeguino gli stipendi del personale docente ed amministrativo”, che ha ricevuto un trattamento salariale discriminatorio. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/27/politica/018n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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liberati i due indiegeni delle basi di appoggio EZLN

La Jornada – Domenica 26 giugno 2011

Liberati i due indigeni basi di appoggio dell’EZLN; sono stati torturati e feriti

Hermann Bellinghausen. Inviato. Ocosingo, Chis., 25 giugno. Torturati, feriti e crudelmente vessati, i due indigeni basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), del municipio autonome Lucio Cabañas, sono stati liberati giovedì dai loro sequestratori dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) che li trattenevano dal giorno 20. La situazione continua ad essere tesa nella regione Primero de Enero, vicina a questa città, e le basi zapatiste stanno di guardia nella sede autonoma.

La giunta di buon governo (JBG) Corazón del arco iris de la esperanza, nel caracol Torbellino de nuestras palabras, nell’ejido Morelia, ha comunicato che Alberto e Pablo, come si sono identificate le vittime, sono feriti. Il giorno 23 si sono ammalati “e non hanno mai ricevuto un trattamento umano”. Sono stati sequestrati per ottenere la loro “resa”.

Alberto presenta “un taglio da bastonata dietro la testa e continua a sanguinare per i colpi subiti, perde sangue da bocca e naso ed ha abrasioni e lividi su tutto il corpo”. E Pablo “è nelle stesse condizioni, perde sangue dalle orecchie, ha il viso tumefatto, le labbra rotte, ha perso un dente e non può parlare né camminare per i colpi subiti alle gambe”.

Il 21 giugno, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) aveva cercato di vederli nel villaggio Patria Nueva, ma i loro sequestratori l’hanno impedito. Con questi ostaggi, la Orcao pretendeva “fare pressione sulla JBG per dialogare con i suoi leader”. La giunta si domanda: “Di che cosa vogliono che parliamo? La terra è recuperata dal 1994, la stiamo coltivando da 16 anni in tutta tranquillità”.

I dirigenti della Orcao, Antonio Suárez Cruz e Cristóbal López Gómez, “El Sadam“, leader di Sibak já, “tentano di nascondere i loro reati dicendo che il terreno dove lavorano i nostri compagni sono stati concessi in amministrazione fiduciaria dal malgoverno”, un programma che risale al periodo di Roberto Albores Guillén (chiamato El Croquetas dagli zapatisti). “Ricorderete la ferocia nel suo governo per smantellare i municipi autonomi e distruggere i popoli zapatisti. Sulle ceneri create da Albores Guillén arde il fuoco che oggi divampa”.

Allora, aggiunge la JBG, “subimmo provocazioni, intimidazioni, vessazioni… affinché la nostra lotta sembrasse una lotta tra indigeni”. Ora, con la presunta “legalizzazione” governativa della terra, “sotto la farsa della legge che loro si sono inventati” vogliono far passare gli zapatisti come “provocatori”.

Gli zapatisti accusano di “riattivare la persecuzione” attraverso la Orcao, i governi federale, statale e municipale, rispettivamente, Felipe Calderón Hinojosa, Juan Sabines Guerrero ed Arturo Zúñiga Urbina (di estrazione panista), che formano “una squadra di sobillatori, incominciando dagli scagnozzi locali e regionali della Orcao chiaramente noti che obbediscono a quello che dicono gli scagnozzi più in alto, attentatori dei nostri diritti perché non condividiamo gli inganni che stanno facendo nel nostro paese”.

La mattina del giorno 23 giugno, davanti ai loro rapitori della Orcao, gli ostaggi hanno raccontato di essere stati picchiati e derubati di mais, fagioli, canna da zucchero, rotoli di filo spinato, materiali per il lavoro nei campi, coperte, zaini e la loro casa è stata bruciata”. Ciò nonostante, “il nostro compagno si è reso conto che molti che militano nella Orcao vengono ingannati”sui motivi dello scontro”. Pablo ed Alberto “di giorno erano rinchiusi nella prigione della comunità e di notte li portavano in una sala della scuola, lontano dalla comunità, sorvegliati da 30 persone. Verso le 3 del mattino ritornavano in prigione. Non hanno mai ricevuto acqua, coperte ed hanno sofferto le punture di zanzare e la fame”.

Alla fine, quelli della Orcao hanno obbligato gli ostaggi a firmare un documento sotto la minaccia di essere nuovamente picchiati; poi li hanno lasciati andare.

 

In altro ordine, il Comitato dei Diritti umani Oralia Morales, il Frayba ed il Movimento per la Giustizia del Barrio hanno reso nota la liberazione senza accuse, lo scorso 6 giugno, di Patricio Domínguez Vázquez, base di appoggio zapatista dell’ejido Monte Redondo, chi si trovava in carcere senza motivo a Motozintla dal 14 aprile, come aveva denunciato allora la JBG di La Realidad. Le organizzazioni civili manifestano preoccupazione per l’integrità e la sicurezza di Bersaín Palacios de León, anch’egli contadino di Monte Redondo (Frontera Comalapa) che ancora si trova in prigione. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/26/politica/019n1pol

Comunicato completo della JBG di Morelia


(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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