La Jornada – Mercoledì 19 ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
Alberto  Patishtán Gómez, portavoce della Voz del Amate e tutti i detenuti in  sciopero della fame e digiuno nelle tre prigioni del Chiapas, via  telefono oggi dal carcere di San Cristóbal de Las Casas, sottolinea che  la protesta delle organizzazioni L’Altra Campagna, Voces Inocentes,  Solidarios con la Voz del Amate e la comunità di Mitzitón “sono da 20  giorni in sciopero della fame senza alcuna risposta da parte del  governo”.
Segnala  che i detenuti, in particolare quelli che non assumono cibo dal 29  settembre scorso, accusano orami già forti nausee e debolezza, e che le  autorità della prigione hanno ristretto le visite e l’ingresso di  personale medico.
Rispetto  al suo caso in particolare, il professor Patishtán ricorda “l’impegno  (di concedere la sua libertà) preso dal governatore Juan Sabines  Guerrero più di un anno fa nell’ospedale in cui era ricoverato; che non  rimanga solo a parole, ma si concretizzi nei fatti”.
Dopo  la liberazione – nel fine settimana – di Manuel Heredia e Juan Jiménez,  della comunità di Mitzitón, nella sezione maschile del Carcere N. 5  restano sei indigeni in sciopero della fame, ed altri due a digiuno per  12 ore al giorno. A loro si uniscono Rosa Díaz López – nella sezione  femminile -, Juan Collazo, nel Carcere N. 6 di Motozintla, ed Enrique  Gómez Hernández, nel Carcere N. 14 di El Amate.
Rispetto  alla liberazione di due membri dell’ejido di Mitzitón, le autorità  della comunità hanno chiarito – per telefono – che non hanno inviato  nessun ringraziamento al governatore né hanno negoziato col governo. I  contadini tzotziles liberati sono rimasti in carcere ingiustamente per  quasi 10 anni.
Il  portavoce di Mitzitón ha ricordato che si è trattato di una lunga  lotta; nel gennaio scorso la comunità aveva realizzato un presidio di  fronte alla prigione per chiedere la liberazione dei suoi compagni. “C’è  stata anche l’azione dei compagni nazionali ed internazionali” (con  riferimento alla solidarietà ricevuta). Resta in prigione Artemio Díaz  Heredia.
Domenica  scorsa, a 17 giorni di protesta, un gruppo dell’Altra Campagna,  compreso personale medico, ha visitato la prigione di San Cristóbal. Sui  carcerati in sciopero della fame riferiscono che Rosario Díaz Méndez,  Pedro López Jiménez, José Díaz López, Alfredo López Jiménez, Alejandro  Díaz Santis e Juan Díaz López sono “esposti alle intemperie ed al freddo  ed alla pioggia, fuori dalle celle, in presidio sotto una tettoria di  lamiera e teli di plastica”. Accusano mal di testa, petto e stomaco,  nausea, riduzione di peso, diarrea, stanchezza, segni di disidratazione,  crampi alle gambe e pressione sanguigna bassa. Secondo il rapporto, i  segni ed i sintomi osservati indicano “conseguenze fisiche dovute al  digiuno; i detenuti sono in una fase in cui il digiuno inizia ormai a  produrre effetti sulla salute  fisica”.
Nella  sezione femminile è a digiuno per 12 ore al giorno Rosa López Díaz che  accusa dolori al petto e dolore permanente per ernia ombelicale da vari  mesi. “Nell’ultima settimana Tomás Trejo Liévano, che si è presentato  come psicologo del Carcere, è stato da le per convincerla a ‘parlare’,  nonostante il rifiuto di Rosa”, alla quale sono state esercitate  pressioni affinché abbandoni la protesta.
Impossibilitati  allo sciopero della fame per motivi di salute, sono a digiuno anche  Andrés Núñez Hernández e Patishtán Gómez; nel Carcere N. 14, Enrique  Gómez Hernández, nel Carcere N. 6, a Motozintla, Juan Collazo Jiménez,  che è “stabile, ma molto preoccupato per la madre che si trova al  presidio dei familiari dei detenuti nella piazza di San Cristóbal”  dall’8 ottobre.
											