Reclamo per la liberazione dei 4 di Bachajon

La Jornada – Domenica 24 luglio 2011

Gli indigeni chiapanechi reclamano la liberazione dei tzeltales di Bachajón

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 23 luglio. Comunità indigene del selva nord del Chiapas reclamano la liberazione immediata ed incondizionata dei quattro tzeltales di San Sebastián Bachajón rinchiusi nella prigione di Playas de Catazajá per motivi politici, che la loro difesa ha definito “ostaggi dello Stato” per aver rivendicato i propri diritti territoriali ed essersi opposti ai progetti turistici as Agua Azul.

“Sono in carcere per aver fatto sentire la propria voce per reclamare quello che spetta loro, perché costruire l’autonomia in Messico è un reato. In Chiapas il malgoverno ha implementato una nuova strategia di contrainsurgencia mascherato da progetti che generano divisioni, violenza, minacce e persecuzioni contro gli attivisti sociali che difendono la madre terra”, affermano i tzeltales di Chilón e choles di Tila. Denunciano anche le condizioni carcerarie del professore tzotzil Alberto Patishtán Gómez, che sta perdendo definitivamente la vista.

Il governo, accusano, “è sempre di più interessato ai suoi progetti transnazionali e reprime la società con la presenza di polizia e militari, come se fosse una zona di guerra”. Sostengono che “(…) il botteghino di ingresso di Agua Azul è strapieno di militari; sarà perché al comandante delle forze armate avanzano soldati, o perché gli interessi vanno oltre le sue ambizioni, per militarizzare le zone dove la popolazione si oppone alla prostituzione delle sue terre”.

Denunciano che “per il malgoverno è un reato difendere quello che è dei nostri antenati; stiamo subendo molte ingiustizie, intimidazioni ed espropri violenti; ci sono molte ragioni per lottare”.

Raccontano: “Ai compagni di Tila sta togliendo le terre, subiscono persecuzioni da parte del municipio e dei paramilitari di Paz y Justicia manipolati dagli alti comandi della sfera politica”; per la loro opposizione “hanno ricevuto persecuzioni ed arresti il Consiglio Regionale Autonomo della Zona Costa e i difensori dei diritti umani, ed ai compagni di Mitzitón che si oppongono alla costruzione di un’autostrada, hanno paramilitarizzato la comunità per generare disordini”.

Dichiarano che “per il malgoverno questa è la sua guerra occulta, non contro la delinquenza ma contro coloro che reclamano giustizia con dignità”, e che “oggi più che mai è necessario prendere misure per fermare questa guerra e ricomporre il tessuto sociale e comunitario”. In “molte comunità autonome del Chiapas che si rifiutano di prostituire le proprie terre impera la violenza e l’insicurezza per la presenza della polizia “.

La situazione non migliora nelle comunità che “giorno dopo giorno sono popolate da veicoli del governo; quando si raggiunge un centro di salute l’unica cosa che si trova è il mal di testa per ottenere le ricette, non ci sono medicine ma, questo sì, dopo l’esproprio violento del botteghino a Bachajón, al governo è venuta l’idea da costruire un’altra clinica, solo per depistare dalla sua vera intenzione: l’avanzata dei i suoi progetti transnazionali”.

A sua volta, Patishtán Gómez, il prigioniero politico più vecchio dello stato, da più di dieci anni dietro le sbarre, e la cui innocenza è stata ben documentata, ha visto aggravarsi seriamente il suo stato di salute senza ricevere adeguata assistenza medica e si trova sul punto di restare cieco per un glaucoma e complicazioni diabetiche.

Patishtán Gómez, portavoce della Voz del Amate ed aderente all’Altra Campagna, rinchiuso nella prigione di San Cristóbal, ha dichiarato in un manoscritto: “I governanti parlano molto di rispetto dei diritti umani, mentre vediamo il grande numero di persone assassinate, scomparso ed imprigionate, senza protezione alcuna da parte delle autorità. A causa di queste violazioni proseguono le nostre reclusioni ingiuste e fabbricazione di reati”.

Il suo problema si colloca in questa “cornice di ingiustizia”, a causa della quale è stato accusato dell’omicidio di alcuni poliziotti durante un’imboscata a El Bosque nel 1998, accusa che non è mai stata dimostrata. Patishtán, rispettato docente che in prigione è diventato attivo difensore dei diritti umani, scrive: “Sono affetto da glaucoma in fase terminale con conseguente cecità, per cui chiedo al presidente Felipe Calderón Hinojosa la mia liberazione incondizionata; Juan Sabines Guerrero, governatore del Chiapas, ha già riconosciuto pubblicamente la mia innocenza”, come fece lo scomparso vescovo Samuel Ruiz.

I reati a suo carico sono di competenza federale, per cui è stato escluso dalla liberazione di oltre 40 prigionieri politici, molti dei quali dell’Altra Campagna, avvenuta dopo numerosi scioperi della fame durante la presente legislatura. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/24/politica/021n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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