nessuna garanzia per le comunità dei Montes Azules

La Jornada – Sabato 25 giugno 2011

Si propone un complesso alberghiero senza alcuna garanzia per la comunità chiapaneca dei Montes Azules

Hermann Bellinghausen. Inviato. Ocosingo, Chis., 24 giugno. Tutto sembrava pronto per la costruzione di un complesso alberghiero nella laguna di Miramar, nei Montes Azules, e la Segreteria del Turismo (Sectur) parlava di finire l’opera questo stesso anno. Nel frattempo, la comunità Emiliano Zapata, dove verrebbe realizzata l’opera, è divisa e senza consenso. Secondo coloro che ancora si oppongono, i promotori del progetto sono le precedenti autorità ejidales che rappresentano una minoranza. Inoltre, si teme che tali autorità abbiano ricevuto “ricompense per far passare la proposta”. Per adesso, il progetto è stato sospeso per mancanza di accordo.

Secondo il progetto ufficiale, l’uso di terre e lo sfruttamento turistico della laguna di Miramar seguirà tre fasi. Per i primi dieci anni gli impresari turistici gestiranno direttamente il complesso; la Società di Ecoturismo degli Ejidatarios potrà far parte dell’amministrazione e riceverà il 10% dei guadagni (al netto delle spese dell’hotel che, secondo le ultime notizie della Sectur, non sarebbe un complesso di capanne, non più). Successivamente, gli ejidatarios potranno scegliere se gestire il complesso, “a patto che” si siano qualificati per farlo. In caso contrario, l’amministrazione del complesso rimarrà nelle mani degli stessi impresari, o di altri, per i successivi 10 anni. Nel 2031 si aprirà nuovamente la possibilità di cambiare gestione, prima dell’ultimo periodo di possesso contemplato nell’accordo, nel 2042.

Su questa proposta gli ejidatarios hanno svolto varie assemblee. Il timore principale di molti era perdere il controllo delle proprie terre, che gli impresari “si sentano padroni” e loro diventino “i loro manovali”, restando al margine dei veri guadagni. In una riunione con la Sectur, l’anno scorso, respinsero il progetto. Secondo la testimonianza degli ejidatarios, “la dott.ssa Monica (funzionaria incaricata del negoziato), prima di salire sull’elicottero che la portava sempre qui, ci disse, infastidita: ‘sta bene, se non volete essere ragionevoli, allora il progetto si farà nella comunità di Benito Juárez’ “. La funzionaria assicurò che lì gli ejidatarios avrebbero accettato la proposta, perché chiedevano progetti simili. Anche Benito Juárez, considerato “irregolare” dalla Segreteria dell’Ambiente e Risorse Naturali (Semarnat), possiede terreni nella laguna. Secondo quelli di Zapata, lì la strada progettata sarebbe più lunga.

La funzionaria diede un ultimatum e l’assemblea si riunì nuovamente. Il gruppo favorevole al progetto ottenne l’approvazione, dopo una discussione che descrivono “aspra”, per maggioranza di voti dell’assemblea (che esclude donne e giovani senza terra). Allo scadere dell’ultimatum, gli ejidatarios comunicarono telefonicamente alla Sectur l’approvazione del progetto. La funzionaria ritornò “piena di giubilo” ed all’inizio del 2011 è stato firmato l’accordo tra le autorità ejidales, Sectur ed impresari.

Semarnat ha dichiarato in documenti pubblici che la riserva dei Montes Azules è un caso di conservazione “di successo”, per la generazione di progetti di sviluppo che vincolano la popolazione locale alla preservazione dell’ambiente. Allora, si domandano gli ejidatarios, “perché ci hanno sempre bocciato la proposta delle capanne ed ora portano un macroprogetto che trasforma noi padroni di queste terre in impiegati di un’impresa che si installa nell’ejido?”.

Secondo i suoi critici, il progetto della Sectur, approvato da Semarnat, non si propone di generare meccanismi per uno sviluppo sostenibile e duraturo della popolazione, bensì obbedisce a progetti di lungo termine che assicurino il controllo imprenditoriale di spazi strategici. Il complesso che si vuole costruire non garantisce fonti di reddito “sicure e degne” per i contadini, né assicura loro il controllo sui loro territori. Invece, riproduce un modello che divide chi amministra i beni e conserva il 90% dei guadagni, e chi svolge lavori precari e si spartiscono il resto.

Non sembra neppure pesare la considerazione che le famiglie abbiano almeno uno dei propri membri come “illegale” negli Stati Uniti. Secondo il rapporto di un ricercatore dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia, che ha chiesto l’anonimato (La Jornada 22/06/11), “le enormi carenze della popolazione che si trova nelle zone a grande biodiversità sono parte degli elementi che permettono alle autorità di fare pressione sugli abitanti per far accettare posizioni subordinate nelle loro terre e nei progetti che loro stessi hanno gestito”. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/25/politica/017n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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no tav: presidio a Udine

NO TAV, NO ALLA MILITARIZZAZIONE DELLA VAL SUSA

Aggiornamenti e comunicati (vedi anche i commenti) :

25 GIUGNO ore 16.00 piazza Matteotti
PRESIDIO SOLIDALE CON LA VALSUSA A UDINE e CONTROINFORMAZIONE sulla tratta VENETO_FRIULANA

24/06 pubblicato su notav.info tratto dal sole 24 ore: La UE: cantieri subito o cancelleremo la Tav.
22/06
da notav.info L’indicibile “Libera Repubblica”
21/06
Sguardi sui Generis Torino:Riflessioni sull’isteria “si tav” nel caldo della lotta alla MAddalena
21/06
Comunicato dall’assemblea della Maddalena Mantenere la vigilanza e presenziare al presidio mappa della libera repubblica della Maddalena
20/6 sospesi completamente ferie e permessi alla Mobile, segnali inquietanti su di un prossimo blitz. una testimonianza dalla Maddalena (di prossima pubblicazione su Umanità Nova).

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accampamento Val Susa, Chiomonte in resistenza

Settimana di iniziative sulla montagna libera e ribelle
21-26 giugno 2011. Libera Repubblica della Maddalena, Chiomonte, Valsusa (To) 

Dopo l’“Accampamento esplorativo” organizzato lo scorso luglio qui nei terreni del previsto cantiere di Chiomonte, si ripropone un’esperienza che oggi assume ancor più significato, vista l’ormai consolidata esistenza della Libera Repubblica della Maddalena. Durante l’accampamento di quest’anno – ormai non più “esplorativo” ma “resistente” – si proporranno iniziative, presentazioni, conferenze, proiezioni, spettacoli teatrali, laboratori, giochi, concerti ecc. da realizzare collettivamente nel territorio liberato della Maddalena. Oltre a ciò, tutti i giorni, dal 22 al 26, saranno garantiti colazioni, pranzi, cene per i partecipanti, con la richiesta di un contributo a offerta libera per le spese organizzative. È necessario portarsi la tenda, il sacco a pelo e il necessario per campeggiare, compresi piatti, bicchieri, posate, per evitare il più possibile l’uso della plastica!
Il campeggio è totalmente autogestito, non ci sono ruoli predefiniti, se non quelli che decideremo di darci insieme… Tutti i partecipanti sono invitati all’attenzione e al rispetto per ciò che ci ospita (campi, vigne, lavanda ecc.) e a contribuire, dando una mano, alla buona riuscita dell’iniziativa…

Per contatti: mail: accesplorativo@yahoo.it – Telefono: 3474296722

Martedì 21
Ore 22:30. Nella notte del solstizio d’estate, gran falò di apertura, simbolo della montagna che resiste e della fratellanza tra i popoli in lotta.

Mercoledì 22
Ore 9:30. Laboratori dei saperi: panificazione naturale e distillazione.
Ore 16:00. Cile, uno sguardo su situazione sociale, conflittualità e repressione del dissenso.
Ore 21:00. “Il Racconto del Fiume Rubato”, il cantastorie Andrea Pierdicca e il chitarrista Federico Canibus raccontano (con le parole di Alessandro Hellmann) “Cent’anni di veleno – il caso ACNA, l’ultima guerra civile italiana”.

Giovedì 23
Ore 9:30. Passeggiata con riconoscimento e raccolta erbe selvatiche.
Ore 11:30. “L’uso medicinale delle erbe locali” con Rosita (Mompantero).
Ore 16:00. “Conoscere e usare le erbe”, con Laura Guala.
Ore 17:00. “Primavera in Kurdistan”, proiezione del film-documentario di Stefano Savona, e aggiornamento sulla situazione del popolo kurdo.
Ore 21:00. Convegno: “Dai Celti agli Escartoun alle Repubbliche partigiane… Resistenza all’autorità ed esperienze di autogestione nei secoli sull’arco alpino” (con Michela Zucca, Walter Ferrari, Maurizio Poletto).

Venerdì 24
Ore 9:30. Seminario di approfondimento sul significato storico e possibilità attuali di percorsi di “autogoverno” e “autodeterminazione” sulle Alpi.
Ore 15:00. “Fino all’ultima goccia”, mostra e presentazione dell’opuscolo. Contro la mercificazione e predazione dell’acqua; esempi di gestione comunitaria delle risorse idriche.
Ore 22:00. Concerto: ça (rock-punk da Marsiglia).

Sabato 25.
Ore 9:30. No Tav. Confronto tra esperienze di lotta contro l’Alta Velocità, dai Paesi Baschi alla Catalunia, dalla Valsusa ad altre regioni italiane.
Ore 15:30. Nucleare. Incontro e confronto con compagni e attivisti di lotte antinucleari in Europa, da Golfech (Francia, anni ’70 e ’80) alle recenti mobilitazioni contro i treni di scorie in Germania. A seguire assemblea sulle mobilitazioni contro il prossimo passaggio di scorie radioattive in Piemonte, previsto a inizio luglio
Ore 17:00. “Una valle coraggiosa contro lo strano mostro”, spettacolo di teatro delle ombre con la collaborazione di Eris edizioni e associazione teatrale Le Carabattole.
Ore 21:30. Concerto: Brigata Bendini (Heretica, La Gorgia, Lou Quinse – hardcore&folk) e Dialcaloiz (hard rock Valsusa).

Domenica 26
Ore 10:00. Sardegna, tra militarizzazione, inquinamento del territorio e resistenze sociali.
Ore 16:00. Spettacolo teatrale No Tav: estratto da “Opera bluffa. Ode per un binario morto”, di e con Beppe Gromi e Massimo Valz Brenta. A seguire Laboratorio creativo No Tav per bambini.
Ore 18:00. “Le donne e la resistenza”, parole e musica con Sara e Errico. Letture tratte da I giorni veri, di A. Zangrandi (partigiana cadorina).
Ore 22:00. Canzoni di protesta e Anonima coristi (dal Pinerolese, canti corali di lotta).

Clicca sulle immagini per scaricare il manifesto ed il pieghevole con il programma
scarica il manifesto

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incontro alla libreria Anomalia a Roma sul dissenso ebraico

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turismo di massa nei Montes Azules (Chiapas)

La Jornada – Venerdì 24 giugno 2011

Il Ministero dell’Ambiente ha concesso alla Segreteria del Turismo il permesso che per anni ha negato agli indigeni.

Gli ejidatarios dei Montes Azules avevano ideato un progetto che preserva l’ambiente. Avevano costruito capanne e sentieri per guidare i visitatori; il progetto federale però è bloccato.

HERMANN BELLINGHAUSEN

Ocosingo, Chis., 23 giugno. L’espansione di infrastrutture turistiche in comunità indigene ed aree naturali è sempre più attiva. Governo e investitori privati considerano prevalentemente l’aspetto funzionale dei progetti e l’attrazione di valuta, senza considerare la praticabilità stessa presso le comunità sotto questo nuovo regime economico e lavorativo, così come la contraddizione che lo sfruttamento turistico incrementa il rischio per le ricchezze naturali che, se ancora esistono, lo si deve al fatto che si trovano lontano dalle rotte turistiche.

Oggi non si parla più di ecoturismo. Il nuovo concetto è “geoturismo”. Come nei giorni scorsi spiegava la sottosegretaria della Segreteria del Turismo del Chiapas, Mónica Véjar Corona, “per sviluppare il nuovo (il geoturismo ed il turismo di avventura) dobbiamo creare strategie per distribuire e promuovere le linee di azione che sono l’integrazione di prodotti turistici, la loro commercializzazione e la professionalità degli operatori turistici”.

Si tratta, dunque, di “prodotti”. Nello stesso modo, trasformare in cameriere o parcheggiatore un contadino è “creare posti di lavoro”. Lo scorso giorno 15, la funzionerebbe definiva il geoturismo “un nuovo modo di viaggiare attraverso cui si genera un marchio territoriale”, e lo stato “conta su geografia, cultura, artigianato, gastronomia, tradizioni e stile di vita che sono i principali punti che devono unirsi per essere presenti su scala internazionale”. Ha dichiarato inoltre alla stampa locale che si sta elaborando una “mappa turistica” che sarà avallato dal National Geographic.

Un caso emblematico dei nuovi progetti del governo federale, applicati poi dal governo statale, è quello dell’ejido Emiliano Zapata (Ocosingo), ai bordi dei Montes Azules, dove il fiume Perlas si unisce allo Jataté, e la laguna di Miramar è accessibile dall’esterno della riserva della biosfera che comincia proprio lì. Nel 1999 gli ejidatarios construirono sei capanne nella sede dell’ejido, a cinque kilometri da Miramar, e fondarono la Società di Ecoturismo di Zapata Laguna Miramar, oggi con 125 soci.

La società ha un presidente, un segretario e un tesoriere; il resto dei soci si alterna nei lavori di “vigilanza” e “guide turistiche”. Accompagnano piccoli gruppi di visitatori su sentieri stabiliti. Un aspetto positivo della vigilanza permanente della laguna è che evita la distruzione e la caccia di frodo.

L’esperienza ha dimostrato che i turisti preferiscono accamparsi nella laguna. Per questo, dopo l’inaugurazione delle capanne nel 2002, gli indigeni chiesero alla Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indigeni (CDI) ed alla Segreteria dell’Ambiente (Semarnat) di poter installare altre capanne nelle vicinanze della laguna. Gli ejidatarios riferiscono che l’autorizzazione fu ripetutamente negata dalla Semarnat, “con il pretesto dell’importanza della laguna per la conservazione ambientale”. Da parte loro, gli abitanti di Zapata chiesero una strada per accedere ai propri appezzamenti e coltivazioni e per l’ingresso dei turisti attraversando il fiume Perlas. Richiesta anche questa respinta dalla Semarnat con gli stessi argomenti.

Il rifiuto si è ripetuto per anni. All’improvviso, a detta degli ejidatarios, nel 2010 “è arrivata la risposta”. La Sectur li informò che il progetto era fattibile, ma non con le modeste caratteristiche che loro proponevano, né che sarebbe stato gestito dagli ejidatarios. Il progetto autorizzato si riferiva alla costruzione di un grande complesso alberghiero su un’area di 40 mila metri quadrati, dati in concessione agli ejidatarios per un periodo di 30 anni, a poco più di un chilometro da Miramar, con un investimento iniziale – pubblico e privato – di 22 milioni di pesos, come si disse agli indigeni.

La Sectur offriva di creare posti di lavoro, asfaltare le strade del villaggio, realizzare la richiesta, sistemare le fognature e le case per “meglio presentarle” ai turisti e, “col tempo”, rifare la scuola primaria e la secondaria. Nello stesso tempo, annunciava che i turisti sarebbero arrivati in grandi gruppi con pacchetti “tutto compreso”.

Tuttavia, per le divisioni in seno alla comunità (più precisamente, per le posizioni contrarie), gli ejidatarios dicono di aver incontrato “complicazioni con le persone della Sectur”, ed il progetto è rimasto in sospeso, non si sa per quanto tempo. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/24/politica/020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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campagna internazionale contro la tortura

Campagna internazionale per la proibizione assoluta della tortura e dei maltrattamenti

La proibizione assoluta della tortura viene messa in discussione e l’opinione pubblica si sta conformando a ciò. Questa deriva è la negazione della dignità umana.

I seguenti vincitori dei Premi Nobel – Martti Ahtisaari, Kofi Annan, Jean-Marie Gustave Le Clézio, Rigoberta Menchú, José Ramos-Horta, Adolfo Pérez Esquivel, Joseph Stiglitz, Desmond Tutu e Jimmy Carter – hanno accettato di firmare il Manifesto dell’OMCT “Nessuna circostanza consente di tollerare la tortura“.

Kofi Annan e Sandrine Salerno, Sindaco della città di Ginevra, l’hanno firmato solennemente il 23 giugno 2010 allo scopo di lanciare una campagna internazionale volta a sensibilizzare tutti sui pericoli che incombono su una società che tollera la tortura.


Firma la Campagna: http://www.omct.org/es/international-campaigns/campaign-prohibition-torture/#campaign_signing_form

26 giugno giornata internazionale delle Nazioni Unite a sostegno delle vittime della tortura.

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Amazzonia

Cari amici,

La foresta amazzonica è a rischio. Il Congresso brasiliano ha seriamente indebolito le leggi che proteggono le foreste e i coraggiosi attivisti brasiliani sono stati ammazzati per essersi opposti al progetto. E’ arrivato il momento per noi d’intervenire e di fare di questa una battaglia globale: se tutti noi chiederemo alla Presidente Dilma di mettere il suo veto alla legge, potremmo salvare l’Amazzonia!

L’Amazzonia è in serio pericolo: una delle due camere del Congresso del Brasile ha deciso di cestinare le leggi che oggi proteggono la foresta. Se non agiremo immediatamente la gran parte del polmone verde del nostro pianeta potrebbe essere distrutta.

La decisione ha scatenato un’ indignazione diffusa e manifestazioni in tutto il paese. E la tensione sta crescendo: nelle ultime settimane molti ambientalisti sono stati uccisi, probabilmente da criminali commissionati dai latifondisti che disboscano illegalmente le foreste. Il tempo stringe, e ora stanno cercando di mettere a tacere ogni opposizione proprio mentre la legge è in discussione al Senato. Ma la Presidente Dilma può mettere il proprio veto, se solo riusciremo a convincerla che deve respingere le pressioni politiche nel paese e mostrarsi invece una leader a livello mondiale.

Il 79% dei brasiliani è in favore del veto di Dilma contro la modifica delle leggi che proteggono le foreste, ma le loro voci si scontrano con quelle della lobby dei latifondisti. Ora sta a noi alzare la posta e fare della protezione dell’Amazzonia una battaglia globale. Uniamoci in un appello enorme per fermare gli omicidi e la deforestazione illegale, e soprattutto per salvare l’Amazzonia. Firma la petizione sotto – sarà consegnata a Dilma non appena riceveremo 500.000 firme:

http://www.avaaz.org/it/save_the_amazon/?vl

Tutti noi amiamo il Brasile! Il sole, la musica, il ballo, il calcio, la natura: è un paese che affascina milioni di persone in tutto il mondo. Questo è il motivo per cui il Brasile ospiterà la prossima Coppa del mondo, le Olimpiadi del 2016 e il vertice sulla terra del prossimo anno, un incontro che potrebbe fermare la morte lenta del nostro pianeta.

E tutta questa nostra passione per il paese non è ingiustificata: l’Amazzonia è fondamentale per la vita sulla terra, visto che ben il 20% del nostro ossigeno e il 60% dell’acqua dolce provengono dalle sue magnifiche foreste pluviali. E’ per questo che è cruciale che tutti noi la proteggiamo.

Ma il Brasile è un paese che sta crescendo a ritmi da record, nel tentativo di far uscire dalla povertà decine di milioni di persone, e la pressione in favore della deforestazione e dell’estrazione di minerali è molto forte. Ed è questo il motivo per cui il paese sta per abbandonare la protezione dell’ambiente. Gli attivisti del posto sono stati uccisi, minacciati e fatti tacere, e ora sta ai membri di Avaaz di tutto il mondo mettersi dalla parte dei brasiliani e chiedere ai politici brasiliani di essere coraggiosi.

Molti di noi hanno visto nei propri paesi come sia la natura a pagare le conseguenze della crescita economica, e l’acqua e l’aria sono sempre più inquinate e le nostre foreste muoiono lentamente.

Per il Brasile però l’alternativa è possibile. Il predecessore di Dilma ha ridotto sensibilmente la deforestazione e ha costruito la reputazione internazionale del paese come leader nella difesa dell’ambiente, allo stesso tempo godendo di una fortissima crescita economica. Uniamoci tutti insieme e chiediamo a Dilma di seguire quella strada – firma la petizione per salvare l’Amazzonia, e inoltra questa e-mail a tutti:

http://www.avaaz.org/it/save_the_amazon/?vl

Negli ultimi 3 anni i membri brasiliani di Avaaz hanno fatto passi avanti enormi e hanno portato avanti campagne che vanno verso il mondo che vogliamo: hanno ottenuto una coraggiosa legge anti-corruzione, hanno fatto pressione sul governo per chiedere di giocare un ruolo cruciale all’ONU, proteggere i diritti umani e intervenire in favore della democrazia in Medio Oriente, in Africa e altrove.

Ora che coraggiosi attivisti brasiliani sono stati uccisi per avere protetto una preziosa risorsa naturale per tutti noi, uniamoci e costruiamo un movimento internazionale per salvare l’Amazzonia e proclamiamo il Brasile come leader internazionale anche questa volta. Firma la petizione e inoltra l’e-mail a tutti:

http://www.avaaz.org/it/save_the_amazon/?vl

Con speranza,

Emma, Ricken, Alice, Ben, Iain, Laura, Graziela, Luis e tutto il resto del team di Avaaz.

PIU’ INFORMAZIONI

Ambientalisti uccisi in Brasile mentre una legge minaccia l’Amazzonia:
http://www.salvaleforeste.it/201106011458/ambientalisti-uccisi-in-brasile-mentre-una-legge-minaccia-lamazzonia.html

Brasile, Amazzonia a rischio con la nuova legge sulle foreste:
http://www.tmnews.it/web/sezioni/videonews/20110617_video_15463389.shtml

La maggioranza dei brasiliani è contraria alle modifiche alle leggi sulla foresta amazzonica (in inglese):
http://news.mongabay.com/2011/0611-amazon_code_poll.html

Amazzonia, la mafia del legno uccide ancora:
http://www.dirittodicritica.com/2011/06/06/amazzonia-brasile-legname-omicidi-21428/

Hanno lottato contro la deforestazione in Amazzonia: uccisi:
http://www.ambienteambienti.com/news/2011/05/news/hanno-lottato-contro-la-deforestazione-in-amazzonia-uccisi-39165.html/comment-page-1

La Camera bassa del Brasile adotta leggi meno stringenti sulla protezione delle foreste (in inglese):
http://www.washingtonpost.com/world/brazils-lower-house-approves-looser-forest-protections/2011/05/25/AGgXnaBH_story.html


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Ocosingo: sequestrati e torturati due zapatisti

La Jornada – Giovedì 23 giugno 2011

Sequestrati e torturati due zapatisti ad Ocosingo

HERMANN BELLINGHAUSEN

Ocosingo, Chis., 22 giugno. La giunta di buon governo (JBG) del caracol di Morelia ha denunciato aggressioni e tentativi di espulsione e esproprio contro basi di appoggio dell’EZLN da parte di membri dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao), che tengono sotto sequestro e tortura due zapatisti nell’ejido Patria Nueva.

Da anni, dice la giunta, “queste persone ripetono le loro provocazioni per problemi legati alla terra che abbiamo recuperato dopo il gennaio del 1994 e che ci vogliono togliere con la forza”.

I nuovi fatti risalgono al giorno 10 nella comunità Mártires, municipio autonomo Lucio Cabañas, quando gente della Orcao che vive nell’ejido Patwitz (Chilón) è arrivata a casa di Antonio Pérez López ad intimargli di abbandonare l’EZLN e passare alla Orcao. L’hanno interrogato – denuncia la JBG – con “tono minaccioso e dalla sua risposta negativa hanno agito secondo i loro piani”.

Hanno tagliato la piantagione di chile e la milpa di Pérez López. Hanno raccolto un ettaro di caffè dal campo collettivo. Il giorno 11 “sono continuati i danneggiamenti con la distruzione del recinto e si sono ‘presi le misure’ del terreno per per ognuno della Orcao; praticamente ci stavano dicendo che volevano espellerci”.

Il giorno 15 sono tornati “per lavorare il terreno che presumevano spettasse loro; avevano machete, zappe e pompe per fumigare ed inquinare le nostre terre”. Inoltre, hanno rubato l’acqua della famiglia che vive sul posto rimuovendo il recipiente per estrarre l’acqua dal pozzo; “di questo modo hanno avvelenato l’acqua e si sono portati via due rotoli di filo spinato”.

Il giorno 17 “hanno rimosso il recinto di filo di ferro ed i pali” trasformandoli in legna, e si è  persa una mucca. Il giorno 20, le basi zapatiste si sono organizzate “per ripristinare il recinto”. Quelli di Patwitz hanno bloccato la strada che porta a questo terreno. “I nostri compagni sono entrati passando da un’altra parte e quando quelli della Orcao l’hanno saputo sono andati sul posto dove stavamo lavorando”, aggiunge la JBG.

“Hanno cercato dei bastoni per picchiare i compagni, mentre altri si sono diretti verso la loro casa per distruggerla”. Prima di incendiarla, l’hanno saccheggiata ed hanno bruciato gli zaini di quelli che stavano lavorando lì. Due zapatisti, Pablo e Alberto, sono stati catturati e condotti a Patwitz, “li hanno fatti salire in macchina e li hanno picchiati”.

Cristóbal López Gómez (El Sadam) ed i rappresentanti locali della Orcao “hanno convocato una riunione per discutere che cosa fare della casa grande, dove si riuniscono i nostri compagni della regione Primero de Enero, e dei due catturati”. Il 21, hanno raccolto circa 125 persone di diverse comunità per portare i fermati nell’ejido Patria Nueva, vicino ad Ocosingo. Mentre li trasferivano continuavano a picchiarli. Dice la JBG che, fino ad ora, “continuano a minacciare di bruciarli vivi e di distruggere la casa dove facciamo le riunioni”.

La giunta zapatista denuncia che gli aggressori sono guidati da López Gómez (di Patria Nueva) e dai leader della Orcao di Sibak’já  e  El Sacrificio La Esperanza. “Prima non credevamo che fossero paramilitari, ora, con questi fatti, la cosa è chiara”.

La JBG denuncia anche aggressioni e furti di membri di Orcao ad Abasolo contro il nuovo villaggio zapatista di San Diego. Le autorità ribelli segnalano infine che il 20 giugno, “mentre Juan Sabines benediceva mentendo le sue opere ingannevoli nei municipi ufficiali di Sitalá, Pantelhó ed Altamirano, si è visto il buon samaritano regalare zaini a persone manipolate ed alcune banconote per tranquillizzarle”. Questi “attacchi economici ed ideologici contro i nostri popoli” sono accaduti “mentre i suoi complici della Orcao, nello stesso giorno, picchiavano i compagni per la nostra resistenza e per lavorare e difendere le nostre terre”.

Da parte sua, il dirigente della Orcao, Antonio Juárez Cruz, ha ammesso che militanti della sua organizzazione da questo lunedì trattengono due zapatisti a Patwitz, per la presunta disputa di 32 ettari. Afferna che il problema è iniziato quando circa 100 zapatisti si sono impadroniti della proprietà San Antonio Chivaljá, “acquisito dalla Orcao con una fideiussione” col governo. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/23/politica/020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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turismo di massa nei Montes Azules

La Jornada – Mercoledì 22 giugno 2011

La Segreteria del Turismo (Sectur) autorizza la costruzione di un complesso alberghiero nella riserva dei Montes Azules

Hermann Bellinghausen. Inviato. Ocosingo, Chis., 21 giugno. Nella laguna di Miramar, nella Riserva Integrale della Biosfera Montes Azules (RIBMA), considerata dalle autorità ambientali prioritaria per la conservazione su scala nazionale, sta per iniziare la costruzione di un grande complesso alberghiero. Questo starebbe avvenendo “senza il consenso degli abitanti e senza perseguire un vero sviluppo sostenibile per gli abitanti della regione”, secondo il rapporto confidenziale di un esperto dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), che ha chiesto l’anonimato, e che è confermato dalle testimonianze degli abitanti tzotziles e choles dell’area.

Nel 2010 funzionari federali della Segreteria del Turismo (Sectur) ed impresari hanno negoziato con i coloni dell’ejido Emiliano Zapata, le cui terre confinano con la bellissima laguna Miramar, “la concessione di quattro ettari per la costruzione di questo complesso, così come il diritto di sfruttamento turistico della laguna per i prossimi 30 anni”.

Analisti, giornalisti ed organizzazioni indigene ed ambientaliste presenti nella selva Lacandona hanno ripetutamente denunciato che le misure di ricollocamento e sgombero di popolazioni insediate nei Montes Azules successivamente al decreto che creò la “riserva della biosfera”, nel 1978, vogliono espellere gli indigeni per sfruttare la zona turisticamente e commercialmente. Questo si rivolge a località considerate “irregolari” in prossimità delle lagune Suspiro, Ocotal e Ojos Azules, principalmente 6 de Octubre e Nuevo San Pedro, a nord dei Montes Azules. Le altre comunità prese di mira sono Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Benito Juárez e Ranchería Corozal.

La costruzione, a quanto pare imminente, del complesso turistico a Miramar conferma i piani governativi ed industriali per privatizzare e subordinare le comunità. Secondo il rapporto, in possesso de La Jornada, le autorità “che hanno avallato la costruzione del presente complesso e progetti simili, non vogliono coinvolgere le popolazioni locali nei benefici e nelle responsabilità della conservazione, ma, con le loro azioni di fatto, risultano corresponsabili dall’appropriazione di zone strategiche della selva Lacandona”. In questa concezione di sviluppo si iscrivono i centri di turismo ambientale nelle mani di privati e la riconversione di ampie zone alla monocoltura di palma africana e pinoli per produrre biocombustibili.

Una parte dei coloni coinvolti racconta i precedenti della costruzione del complesso alberghiero. Non stupisce che, come in tanti altri casi, risulti chiave la divisione delle comunità per disattivare qualunque resistenza. Un dato significativo è che la base militare di San Quintín si trova a poco più di un chilometro da Emiliano Zapata, ejido fondato a metà del secolo XX e che ha ottenuto il riconoscimento presidenziale nel 1969.

Così, il decreto della RIBMA, che comprende parte dell’ejido, risulta successivo. Le terre della comunità possiedono caratteristiche “relativamente adeguate” per la produzione agraria e l’ecoturismo: terre pianeggianti, acqua abbondante ed attrazioni turistiche. Vi abitano circa 850 choles e tzotziles. In questa regione, la maggioranza di indigeni tzeltal sono agricoltori “milperos” che producono per autoconsumo. L’unica produzione commerciale è quella del bestiame.

A completamento del complesso alberghiero ci sarà una strada che faciliterà l’affluenza dei turisti. In relazione agli studi di impatto ambientale e all’autorizzazione del progetto da parte della Segreteria dell’Ambiente e Risorse Naturali, la Segreteria del Turismo disse agli ejidatarios “che non dovevano preoccuparsi al riguardo”. Con loro sorpresa, riferiscono gli ejidatarios, seppero che le autorità ambientali “avevano già effettuato gli studi” per autorizzare il progetto, mentre altri loro progetti, più modesti, erano stati respinti per presunte incompatibilità ambientali. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/22/politica/025n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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42 giornalisti assassinati..

La Jornada – Martedì 21 giugno 2011

Nel corso dell’attuale amministrazione sono almeno 42 i giornalisti assassinati

Dalla Redazione. Nel corso dell’amministrazione di Felipe Calderón sono almeno 42 i giornalisti assassinati in 16 stati, 10 sono scomparsi dopo essere stati prelevati da presunti criminali e molti altri sono stati vittime di aggressioni come rappresaglia per il loro lavoro. Sulla maggioranza dei casi le autorità non hanno fatto chiarezza.

 

Guida la lista lo stato di Guerrero, con nove giornalisti uccisi e la sparizione di Marco Antonio López, capo informazione del periodico Novedades de Acapulco, che solo il 7 giugno scorso è stato privato illegalmente della libertà da degli sconosciuti.

Tra gli informatori assassinati figurano Jorge Ochoa, direttore dei settimanali El Oportuno e El Sol de la Costa; Juan Rodríguez, corrispondente di El Sol de Acapulco, e sua moglie María Hernández, direttrice del settimanale Nueva Línea, così come Evaristo Pacheco, di Visión Informativa.

Inoltre, Juan Martínez, del Grupo Radiorama Acapulco; Juan Hernández, editore del settimanale El Quijote de Taxco; Jean Ibarra, del giornale El Correo, di Iguala; Amado Ramírez, corrispondente di Televisa, e Misael Tamayo, direttore di El Despertar de la Costa.

 

Segue Chihuahua, con sei comunicatori assassinati: Luis Carlos Santiago, fotografo di El Diario de Juárez; María Isabella Cordero, incaricata delle pubbliche relazioni della Camera di Commercio; Norberto Miranda, direttore di digital Radio Visión.

Sono stati uccisi anche Ernesto Montañez, editore della rivista Enfoque; José Armando Rodríguez, di El Diario de Juárez; David García, editorialista di El Diario de Chihuahua, e Gerardo Guevara, del settimanale Siglo XXI.

 

Nello stato di Veracruz, con l’omicidio dell’opinionista Miguel Ángel López Velasco, del quotidiano Notiver, perpetrato ieri, sono cinque i giornalisti privati della vita ed altri quattro sono desaparecidos, anche se di questi ultimi si conosce solo il caso di Evaristo Ortega, direttore dei periodici Espacio e Diario de Misantla.

Gli altri quattro decessi si riferiscono a Hugo Barragán, collaboratore del periodico La Crónica de la Cuenca; Roberto Marcos, della rivista Testimonio; Adolfo Sánchez, corrispondente di Televisa Veracruz; Luis Méndez, conduttore della radio La Poderosa en Tuxpan, e Noel López Olguín, reporter di La Verdad del Sureste.

 

In Michoacán sono morti quattro giornalisti: Israel García, del periodico La Opinión de Uruapan; Miguel Ángel Villagómez, direttore del quotidiano La Noticia, di Lázaro Cárdenas; Martín Miranda, direttore di Panorama del Oriente, di Zitácuaro, e Hugo Olivera, corrispondente di La Voz de Michoacán, ad Apatzingán.

Altri tre risultano desaparecidos: Mauricio Estrada, reporter di La Opinión de Apatzingán; María Esther Aguilar, corrispondente di Cambio de Michoacán en Zamora, e Ramón Ángeles Zalpa, corrispondente di Cambio de Michoacán nella regione della meseta purépecha.

 

In Durango nel 2009 sono stati uccisi quattro comunicatori: Carlos Melo, corrispondente del periodico Tiempo de Durango; Eliseo Barrón, reporter di La Opinión; il cameraman Gerardo Esparza, e Bladimir Antuna, reporter del Tiempo de Durango.

 

In Sonora tre giornalisti sono morti per mano di presunti sicari: Pablo Aurelio Ruelas, che ha lavorato per il periodico Diario del Yaqui; Saúl Noé Martínez, del Diario de Agua Prieta, e Gustavo Alonso Acosta, del giornale Interdiario.

 

In Coahuila, sconosciuti hanno ucciso due giornalisti: Eliseo Barrón, reporter del periodico La Opinión Milenio, e Valentín Valdés, reporter del giornale Zócalo de Saltillo.

 

Dei restanti 10 omicidi, due sono stati commessi in Sinaloa: Óscar Rivera, portavoce del settore sicurezza del governo statale, e José Luis Romero, del notiziario radio Línea Directa. Due in Tabasco: Rodolfo Rincón e Alejandro Zenón. Uno in Nuevo León: Luis Emanuel Ruiz, fotografo del periodico La Prensa.

 

In Quintana Roo, José Velázquez, della rivista Expresiones de Tulum. In Baja California, il fotografo Gerardo Martínez, di El Sol de Tijuana.

 

In Tamaulipas, Carlos Guajardo, del quotidiano Expreso de Matamoros. In Jalisco, il direttore di Radio Universidad de Guadalajara a Ciudad Guzmán, José Galindo.

 

In Yucatán risultano desaparecidos due giornalisti.

 

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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