appello a sostegno del Copinh (HONDURAS) – FIRMATE

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Venerdì 20 settembre 2013 il pubblico ministero del Tribunale de La Esperanza, Intibucá, Honduras, ha ordinato l’arresto preventivo per Bertha Caceres Flores, coordinatrice del Copinh, organizzazione indigena lenca, nell’ambito di un processo istruito a seguito della denuncia delle imprese che stanno costruire una diga e una centrale idroelettrica sul fiume che fornisce acqua alle nella comunità di Rio Blanco, le multinazionali DESA e Sinohydro. E domani, 25 settembre, dovrebbe essere emesso l’ordine di cattura nei suoi confronti.

Il Collettivo Italia Centro America considera che il processo intentanto da Desa e Sinohydro sia “politico”, perché le comunità indigene della zona e il Copinh, che non sono stati consultati secondo quanto dispone le Convenzione 169 dell’OIL, ratificata dall’Honduras nel 1995, sono in lotta contro il progetto, e da sei mesi occupano pacificamente e in modo continuativo la strada che conduce al cantiere.

Le manifestazioni e l’opposizione hanno già causato due morti tra gli indigeni della regione di Rio Blanco.

Per il momento, il processo ha coinvolto Bertha ed altri due membri del Copinh, Tomás Gómez Membreño e Aureliano Molina Villanueva, mentre si preparano altre denunce a carico di rappresentanti dell’organizzazione.

Vi chiediamo di firmare l’appello a sostegno del Copinh (lo leggete qui sotto, potete aderire inviando una mail all’indirizzohonduras@puchica.org), che verrà in seguito inviato al ministero degli Esteri italiano, e invitiamo chi può farlo a sostenere -attraverso il Collettivo Italia Centro America- le spese legali sostenute dal Copinh, con un versamento sul conto corrente bancario intestato al Collettivo Italia Centro America è IT64 G050 1801 6000 0000 0127 111 (presso la filiale di Milano di Banca Popolare Etica). La causale è “Solidarietà Copinh”

Collettivo Italia Centro America

***

Con l’ordine di arresto preventivo emesso nei confronti di Bertha Caceres, coordinatrice generale dell’organizzazione indigena Copinh, il sistema giudiziario honduregno si dimostra complice di un potere politico -che è ancora quello che ha perpetrato il Colpo di Stato del giugno 2009-.

Mentre l’Honduras si prepara a un processo elettorale farsa, per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, l’arresto di una tra le più riconosciute leader indigene del Paese rappresenta una chiara intimidazione nei confronti di tutti coloro che -in un Paese “svenduto” agli interessi multinazionali- lottano contro mega-progetti idroelettrici, minerari e contro l’accaparramento di terre.

Bertha, tutto il Copinh e il popolo lenca dell’Honduras rappresentano da oltre vent’anni un punto di riferimento anche per la società civile internazionale, per le loro lotte per il riconoscimento dei diritti dei popolo indigeni, primi tra tutti quelli relativi all’accesso alla terra e alla difesa dei beni naturali. Nel 2012, la prigioniera politica Bertha Cáceres è stata insignita, in Germania, del premio internazionale Shalom 2012.

Negli anni, il Copinh si è mobilitato contro decine di centrali idroelettriche, come quella di Agua Zarca a Rio Blanco, dove è in corso da sei mesi l’occupazione pacifica da parte della comunità Lenca. Adesso, però, il regime mostra il “pugno fermo”, slogan elettorale del presidente in carica, Pepe Lobo, perché gli interessi delle multinazionali sono diventati quelli del Paese.

Dall’Italia, dove Bertha e il Copinh hanno tessuto reti di solidarietà da Nord a Sud, manifestiamo solidarietà alla nuova “prigioniera politica”, e invitiamo il ministero degli Esteri ha farsi latore del nostro messaggio di fronte al governo honduregno:

– chiediamo che l’ordine di carcerazione nei confronti di Bertha Caceres venga ritirato, e venga annullata ogni accusa;

– chiediamo l’annullamento delle accuse contro Tomás Gómez Membreño e Aureliano Molina Villanueva, delle misura decise dal giudice nei loro confronti e dell’ordine di rimuovere il presidio contro il progetto idroelettrico di Rio Blanco;

– esigiamo la fine di ogni criminalizzazione del Copinh e dei movimenti sociali del Paese;

– esigiamo il rispetto della Convenzione numero 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro;

– esigiamo la smilitarizzazione delle zone indigene dell’Honduras.

Firme


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FESTA LIBERTARIA ALLA LIBERA OFFICINA DI MODENA

stellafest

 

::Venerdì 27: Settembre:
Dalle 21 – Incontro sull’educazione libertaria assieme all’associazione “Il Cacomela”
Relatori: Agnese e Sara
https://www.facebook.com/il.cacomela?fref=ts

Dalle 22.30 – Serata Reggae
+ More Fire Band
https://www.facebook.com/pages/More-Fire-Band/418444870602?fref=ts
+ Dj Sà + Dj Stan + Jimmy Splif Sound [Dj Reggae a non finire!!]

::Sabato 28::
link evento –> https://www.facebook.com/events/159407204257873/

Dalle 16 – Assemblea provinciale di presentazione dei vari progetti libertari a modena e provincia
Aderiscono:
+ Stella Nera
+ Libera Officina
+ U.S.I. sezione di Modena
+ Carpi Antifascista
+ Green Riot (Vignola)

Dalle 20 – Serata “Liberi Suoni In Liberi Spazi” [Ska/Punk/Rock]

+ FFD (Punk Antifa Parma)
https://www.facebook.com/ffd.punkrockband?fref=ts
+ CAUSA (Pisa Ska/Punk)
https://www.facebook.com/causa.band?hc_location=stream
+ GLI AMANTI DI CAMILLA (Ska/Punk dal Veneto)
https://www.facebook.com/gliamantidicamilla?fref=ts
+ JUST ANOTHER BURP (Hardcore Melodico da Reggio Emilia)
https://www.facebook.com/pages/JustAnotherBurp/173062192710207?fref=ts
+ SAID (Punk Rock Modena)

Dopo i concerti:
+ Dj Manu (Ska) & Dj Colbao (Samba/Trash)

::Domenica 29::

Dalle 15 – Concerti con i gruppi della Compilation per il Centenario dell’U.S.I.

+ A-Band (Modena Punk/Rock)
+ Antenora (Modena Anarcopunx)
+ Fratelli Grimm (Punk/Rock Modena)
+ Maskara 53 (Rock Modena)
e tanti altri!!

– DURANTE LA TRE GIORNI SARANNO OFFERTI GRATUITAMENTE PRANZI E CENE
– SARA’ PRESENTE IL MERCATO BIOLOGICO E DELLE AUTOPRODUZIONI DELLA LIBERA OFFICINA
– CI SARA’ ANCHE UN LABORATORIO DI GRAFFITI

– CAMPEGGIO LIBERO

x info: prendispazio@canaglie.org
stellanera.noblogs.org
www.libera-unidea.org

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pubblicazione libro: “Tutti siamo indigeni!Giochi di specchi tra Europa e Chiapas”

Cari amici e cari colleghi,

sperando di farvi cosa gradita, vi segnalo la pubblicazione del mio nuovo libro, frutto di un lavoro di etnografia dei movimenti sociali:
“Tutti siamo indigeni! Giochi di specchi tra Europa e Chiapas”  (http://www2.cleup.it/tutti_siamo_indigeni.html)

Un caro saluto,
Elena Apostoli Cappello

La “musa zapatista” ha ispirato i movimenti antagonisti e altermondialisti, europei e non solo, fin dalla seconda metà degli anni Novanta, consentendo loro di rinnovarsi e darsi un linguaggio condiviso. Le narrazioni molteplici che da questa musa scaturiscono sono la materia su cui l’autrice ha condotto la sua etnografia. Il testo è costruito in due parti, una messicana e una catalana: due facce di uno specchio, due parti di una ricerca etnografica policentrica, tesa a seguire la circolazione di narrazioni e immaginari politici che danno senso, oggi, alle scelte di partecipazione e militanza di molte persone. Essa si inserisce nell’ampio dibattito antropologico sulle costruzioni identitarie etniciste, per comprendere alcune declinazioni dell’indigenismo contemporaneo in America Latina. Mostra, ancora una volta, quanto le dimensioni apparentemente localistiche delle cosiddette identità etniche siano in realtà l’esito di interazioni con mondi geograficamente e culturalmente lontani, come in questo caso, composto di relazioni transoceaniche. Gli usi strategici dell’etnicità, categoria frutto qui di esclusioni coloniali, possono rivelarsi strumenti di inclusione sociale nel momento in cui entrano in risonanza con alcune proiezioni esotizzanti di società lontane, europee, pronte ad aderire e perfino a promuovere logiche movimentiste per cui “siamo tutti indigeni”

Elena Apostoli Cappello insegna attualmente all’Institut d’Ethnologie dell’Università di Neuchâtel, in Svizzera. Le sue ricerche coinvolgono la sfera della partecipazione politica extra-istituzionale, interrogando i mutamenti che l’attraversano a partire dai primi anni Duemila. Formatasi all’EHESS di Parigi e all’Università di Milano Bicocca, ha condotto ricerche sul campo in Messico, in Catalogna, e soprattutto in Italia, dove segue ormai da un decennio le evoluzioni che innervano i mondi antagonisti e i movimenti per la giustizia globale, analizzando i percorsi di soggettivazione e gli immaginari eco-socialisti e post-socialisti contemporanei. Ha co-fondato il network EASA di antropologia dei movimenti sociali. Ha recentemente intrapreso ricerche di campo su modelli di sviluppo alternativo e sostenibile in Sicilia.

Elena Apostoli Cappello
Assistante post-doctorante
Institut d’ethnologie / MAPS 
Rue Saint-Nicolas, 4
CH 2000 – Neuchâtel
Tel : +41 32 7181710

 

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DESINFORMEMONOS – RIVISTA DI STRADA N. 16_ITALIANO

A nessuno viene chiesto se vuole vedere una strada che attraversa i suoi boschi; se è d’accordo che il suo villaggio sia inondato da una diga; se gli serve che imprese minerarie si portino via l’oro e l’argento estratti dai suoi luoghi sacri; se è suo desiderio che un treno ad alta velocità attraversi e distrugga la sua valle; o se gli manca un nuovo aeroporto sopra i suoi campi coltivati; neppure gli fanno scegliere tra il vento e la produzione di energia di cui non potrà nemmeno usufruire.
Con la parola “progresso”, nel mondo vengono imposti centinaia di megaprogetti inutili. Un Treno ad Alta Velocità nella Val di Susa, in Italia; una centrale idroelettrica a Belo Monte, Brasile; un aeroporto a Notre-Dame-des-Landes, Francia; hotel e campi da golf nelle isole di Las Perlas, a Panama; miniere nel territorio wixárika del Messico ed a Famatina, Argentina; l’industria agroalimentare in Mozambico; un’autostrada su un bosco russo o industrie petrolifere su terre coltivabili in Nigeria; o una Città Modello in territorio garinagu, in Honduras; sono solo parte del ventaglio di storie che vogliamo condividere in questa seconda tappa della nostra rivista di strada Desinformémonos.
In ognuna delle esperienze, la costante non è solo la barbarie, ma l’impegno dei popoli nel respingere progetti che non hanno chiesto, di cui non hanno bisogno, che non fanno parte della loro vita. Blocchi dei macchinari, cortei, attività artistiche, presidi e barricate sono alcune delle manifestazioni per impedire queste opere. L’autonomia è una delle risposte, affrontare l’assalto con un’altra forma di organizzazione locale che pone in evidenza l’inutilità dei megaprogetti imposti.
Distribuito in spagnolo, russo, inglese, francese, italiano, tedesco e portoghese, con uno sguardo globale e comunitario, il presente numero della rivista di stradaDesinformémonos segna la nascita di una nuova tappa di questo progetto di comunicazione dal basso e a sinistra.
Invitiamo a scaricare liberamente la rivista, diffonderla ai propri contatti, distribuirla in formato cartaceo, oppure appenderla come periodico murale all’interno di spazi liberi e/o distribuirla come volantino.DESINFORMEMONOS N. 16_ITALIANO-1
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Convocatoria incontro di formazione per gli accampamenti di osservazione in Honduras

Il 26-27 ottobre a Napoli avrà luogo l’incontro formativo per chi ha intenzione di partire per gliaccampamenti d’osservazione dei diritti umani in Honduras. 

Chiediamo la piú amplia diffusione, in considerazione anche della grave situazione del paese e dell’importanza che dai movimenti di base e’ stata riconosciuta alla presenza internazionale.

L’incontro inizia sabato 26 ottobre ore 15, e termina la domenica 27 ottobre pomeriggio ore 18
L’incontro si svolgerà presso l’Ex convento delle teresiane, ora “giardino liberato” sito in salita San Raffaele n 3, quartiere materdei, Napoli.

Programma dell’incontro formativo:

  • introduzione generale: contesto storico, economico, politico attuale, il FNRP ed altri attori nel paese
  • movimenti popolari in Honduras, la strategia e filosofia degli accampamenti di osservazione
  • Requisiti per essere campamentisti
  • Ruolo dei campamentisti, obiettivi
  • Situazione legale
  • Cosa fare durante la presenza nel campamento
  • Regole per i campamentisti: coordinamento del campamento, cosa non fare, comportamenti da evitare, come comportarsi in situazioni di emergenza
  • cosa portarsi
  • aspetti di salute (vaccini prima di partire)
  • assicurazione
  • all’arrivo in Honduras dove andare…
  • al ritorno dall’Honduras…..

Saranno presenti campamentisti rientrati per condividere la loro esperienza.

Per dormire portate un sacco a pelo ed ev. anche dei materassini.

Per i pasti sono necessari un piatto, un bicchiere e delle posate.

vi preghiamo di comunicarci la vostra partecipazione al piú presto
per ulteriori informazioni contattateci:
Carlo, 346 6321587

Maria, 347 1042633

Thomas, 339 1597004

piú informazioni sui campamenti:

http://www.puchica.org/campamenti/

http://campamentoshonduras.blogspot.com/

scaricati la convocatoria


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U.S.I. IN FESTA 7-8-9 GIUGNO

U.S.I copia. tre giorni-2

 

 

U.S.I copia(1).3G programma

 

 

sabato 8-2

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desinformemonos 95 (maggio 2013)

Desinformémonos 95

 

Dalla Turchia

 

L’inizio della fine di un’era

ZEYNEP GAMBETTI E SUMANDEF HAKKINDA

Tutti siamo Turchi

ZEYNEP GAMBETTI

Turchia, il diritto di viviere in pace

SUMANDEF HAKKINDA

 

Reportage Messico

 

Pochi soldi e zero incentivi per i giovani e meno giovani di Città del Messico

ADAZAHIRA CHÁVEZ
FOTO: GETSEMANÍ BARAJAS

 

“Andiamo avanti” contro il progetto turistico: ejidatari di Bachajón

CLAYTON CONN

 

“Non dobbiamo nessuna spiegazione per aver interrotto la gravidanza”

VALERIA MORENO AGUILAR

 

La riforma dell’educazione non è educativa

DONOVAN HERNÁNDEZ CASTELLANOS

 

Riscattare le tradizione per contrastare l’industria agroalimentare

BRISA ARAUJO

 

 

Reportage Internazionali

 

Persecuzione giudiziaria contro chi difende il territorio in Honduras

TIM RUSSO

 

La legge antiterrorismo cilena sotto processo

SERGIO MILLAMAN/ MAPUEXPRESS

 

Palestina verso la resistenza pacifica

MOHAMMAD ATAALLAB TAMIMI
TRADUZIONE: ALEJANDRO GONZÁLEZ LEDESMA

 

La Svezia non è più la coscienza antirazzista del mondo

TOBIAS HÜBINETTE Y L. JANELLE DANZA
TRADUZIONE: CLAYTON CONN

 

L’Addio ad Andrea Gallo, un sacerdote del basso

GIANLUCA CARMOSINO/ COMUNE INFO

 

In Guatemala gli studenti lottano per la memoria

CÉSAR RAMIRO GARCÍA

 

 

Imagina en Resistencia

 

Un libro per ascoltare il 132 

MARIANA FAVELA

 

 

Fotoreportage

 

“Monsanto, hai i giorni contati” 

FOTOGRAFIE: URBAN75, 99GETSMART, MARISA MELIANI, MARIE ALOHALANI, FREDY SOTO, ACCIÓN VISUAL, HABIB AYEB, LOUISE LEBERT,CHRONIC PRODUCTIONS.
MUSICA: “UNA SOLA VOZ”, MACACO
TESTO E PRODUZIONE: DESINFORMÉMONOS

 

Audio

 

Anche l’opera lirica si canta in náhuatl 

PRODUZIONE E REGIA: ORLANDO CANSECO/ MÚSICA HÍBRIDA

 

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desinformemonos 87 (Aprile 2013)

Desinformémonos 87

 

 

 

 

Reportage Messico

 

Su Atenco incombe di nuovo la minaccia dell’aeroporto

Gloria Muñoz Ramírez
Foto: Clayton Conn

 

La Polizia Comunitaria si unisce in difesa dell’educazione, senza armi

Desinformémonos

 

Lo sgombero degli insegnanti in Guerrero, una prova della repressione futura

Francisco Guerrero

 

Fuoco su Radio Totopo, una voce libera come il vento

Palabra Radio

 

Episodi della guerra zapatista nell’Ajusco

Gerardo Camacho de la Rosa

 

Grida dentro e fuori dal carcere per reclamare la libertà di Patishtán

Alma Sánchez
Audio: Moysés Zúñiga Santiago

 

 

Reportage Internazionali

Processo per genocidio in Guatemala, ed attuali attentati contro le comunità

Susana Norman
Foto: Roderico Díaz

 

Ottantamila grida contro il Treno ad Alta Velocità in Italia

Luca Giacomelli
Traduzione: Alejandro González Ledesma

 

Tutta la Palestina in rivolta per la morte di un detenuto

HispanTV e Juventud Rebelde

 

Petrolio a costo dei matsés di Brasile e Perú

Brisa Araujo

 

Una marcia per vivere in euskera

Adazahira Chávez
Foto: Euskalakari AEK

 

 

Los Nadies

 

Pulire le viscere della Metro

Testimonianza raccolta da Estefanía A.P. a Città del Messico

 

 

Imagina en Resistencia

 

“Non fai musica pensando di cambiare il mondo, ma per creare idee”

Alberto Pradilla/ Gara

 

 

Fotoreportage

 

Arte per giorni funesti

Immagini: Lucía Vidales
Testo: Lucía Vidales, adattamento Roque Dalton e Frantz Fanon, Desinformémonos
Musica: Gung Ho, de Patti Smith
Produzione: Desinformémonos

 

 

Video

 

Atenco, resistenza e nuove minacce

Clayton Conn

 

 

Audio

 

Oaxaca, “non vogliamo essere la Palestina del Messico”

Veredas Autónomas

 

________________________________________________________

http://www.desinformemonos.org

skype: desinformemonos
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“…desinformémonos hermanos
hasta que el cuerpo aguante
y cuando ya no aguante
entonces decidámonos
carajo decidámonos
y revolucionémonos.”
Mario Benedetti

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Sul massacro di Simonjovel

La Jornada – Sabato23 marzo 2013

 

Il Massacro di Simojovel

Cronaca di un massacro di poliziotti (quasi) dimenticato

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 22 marzo. La notorietà raggiunta dalla lotta di Alberto Patishtán Gómez per la libertà ha impedito che il crimine che ha causato la sua personale disgrazia di 12 anni di prigione (e, secondo la sentenza ne mancano altri 48) fosse dimenticato, cosa che sicuramente ha contrariato molte autorità, almeno statali, dal 2000 ad oggi, dopo quattro governatori letteralmente di tutti i partiti. Che cosa successe la mattina del 12 giugno del 2000 a Las Lagunas de Las Limas, Simojovel? Quale il movente? Che cosa stava succedendo in quei giorni da quelle parti?

L’omicidio di sette poliziotti – il comandante Francisco Pérez Morales, cinque agenti ai suoi ordini ed il comandante municipale di El Bosque, Alejandro Pérez Cruz – rappresentava un fatto di enorme gravità. Oggi forse ci siamo abituati a notizie di questo genere, ma allora, perfino nel Chiapas militarizzato e paramilitarizzato, questo risultava un fatto straordinario. Ovviamente, la notizia finì sulle prime pagine di tutti i giornali.

Dopo tre settimane si sarebbero svolte le elezioni nelle quali il PRI avrebbe perso la Presidenza, ed in agosto il governatorato. Il presidente Ernesto Zedillo, storicamente e personalmente coinvolto nella guerra contro gli indigeni del Chiapas in generale, e quelli di El Bosque in particolare, si preparava a visitare l’entità martedì 13 per inaugurare una strada nella Selva Lacandona, ma sospese la visita. Il candidato priista a governatore, Sami David, pensò ai suoi affari. L’Esercito federale inviò centinaia di effettivi, occupò il luogo dell’imboscata, la città, le strade e fece incursioni nelle comunità zapatiste. Tuttavia, la prima ipotesi della Segreteria della Difesa Nazionale fu che poteva trattarsi di “una cellula dell’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR)” (La Jornada 13/06/2000), cosa che sorprese molto perché né allora né mai l’EPR è stato presente nella zona.

Più credibile sembrò l’ipotesi, diffusa lo stesso giorno, della Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos (CIOAC), storicamente presente nella regione: potevano essere stati i “paramilitari” del Mira (anche se visto in prospettiva, il gruppo paramilitare a El Bosque, temibile e letale, era conosciuto come Los Plátanos, dal nome della comunità in cui vivevano i suoi membrid, insieme a poiziotti judiciales, da dove erano partiti il 10 1998 per partecipare al massacro di zapatisti a Unión Progreso; a Los Plátanos, io stesso ero stato presente, mesi prima dell’imboscata, ad “una distruzione mediatica” di coltivazioni di marijuana col pretesto, alla fine fallito, di accusare l’EZLN.

La polizia federale inizialmente parlò di narcotrafficanti; non era un mistero il passaggio di marijuana proveniente da Huitiupán.

Il massacro avvenne un lunedì. Il sabato precedente gli zapatisti aveva commemorato il secondo anniversario dei fatti di Unión Progreso e Chavajeval e l’arresto delle autorità autonome di San Juan de la Libertad. Diego Cadenas, allora giovane avvocato del Frayba, il giorno dell’imboscata dichiarò a La Jornada che quel 10 giugno, mentre si stava recando ad Unión Progreso per partecipare alle cerimonie religiose per il secondo anniversario del massacro del 1998, ai posti di blocco di Puerto Caté e San Andrés Larráinzar i militari gli dissero che erano “sospese le garanzie individuali”. Non era così.

Due giorni dopo, un commando di 10 o 15 individui, con equipaggiamento ed armi di grosso calibro, tese un’imboscata al pick up verde scuro su cui viaggiavano, provenienti da Simojovel, otto poliziotti e l’autista del municipio di El Bosque, minorenne e figlio del sindaco Manuel Gómez Ruiz. Il giovane Rosemberg Gómez Pérez, che guidava il veicolo con i due comandanti in cabina, e l’agente di Pubblica Sicurezza Belisario Gómez Pérez nel rimorchio con i suoi commilitoni, gravemente feriti e creduti morti dagli aggressori, sarebbero sopravvissuti e quindi gli unici testimoni oculari.

La Jornada scriveva che nel corso del 2000 questa era “l’ottava imboscata”; gli aggressori avevano già lasciato 20 morti ed un ugual numero di feriti. I poliziotti caduti a Las Lagunas erano Francisco Escobar Sánchez, Rodolfo Gómez Domínguez, Guadalupe Margarito Rodríguez Félix, Arbey Vázquez Gómez e Francisco Pérez Mendoza. Oggi due di loro sono ancora ricordati da due croci di cemento sulla curva dove furono crivellati di colpi. Si contarono 85 colpi di AK-47 e R-15.

L’EZLN si dissocia e indaga

Il giorno dopo l’imboscata, il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, Comando Generale dell’EZLN emise un breve comunicato: “Secondo i dati raccolti, l’attacco è avvenuto con tattiche da narcotrafficanti, paramilitari o militari. L’uso del cosiddetto ‘colpo di grazia’ è ricorrente in questi gruppi armati. L’attacco è avvenuto in una zona satura di truppe governative (Esercito e polizia), dove è molto difficile che un gruppo armato possa muoversi senza essere scoperto e senza la complicità delle autorità. Il gruppo attaccante possedeva informazioni privilegiate sui movimenti e sul numero di persone imboscate. Una tale informazione può essere ottenuta solo da persone del governo o vicine ad esso”.

Il comando ribelle segnalava: “L’EZLN sta investigando per fare luce sull’identità e sui motivi del gruppo aggressore. Tutto indica che sarebbero del governo (o con il sostegno governativo) le persone che hanno compiuto l’aggressione, poiché in questo modo avrebbero il pretesto per aumentare la militarizzazione in Chiapas, e per giustificare l’attacco contro comunità zapatiste o l’EZLN. È da notare che questo fatto rafforza il clima di instabilità di cui minaccia il candidato ufficiale se non vincerà”.

“Provocazione o no, il fatto violento è già diventato un pretesto per aumentare la presenza militare in tutto lo stato, perfino in zone molto lontane dal luogo dell’aggressione”, aggiunge il comunicato (13/6/2000), dettagliando che “nelle ultime ore si sono rafforzati i quartieri federali di Guadalupe Tepeyac, a Las Margaritas; Cuxuljá, Ocosingo; Caté, a El Bosque, e le città di Simojovel ed El Bosque. Contemporaneamente si è incrementato il numero di aerei da guerra e sorvoli nelle zone Altos, selva e nord”. E infine, “l’EZLN si dissocia da questo atto e rivolge un appello all’opinione pubblica affinché non si lasci ingannare”.

La cattura di Patishtán

Ciò nonostante, il governo statale di Roberto Albores Guillén, attraverso il suo procuratore Eduardo Montoya Liévano, spinse subito l’ipotesi che gli aggressori potessero essere zapatisti, per la presunta vendetta per il massacro contro di loro ordinato dallo stesso Albores Guillén due anni prima, anche se ammise che avrebbero potuto essere degli “assalitori”. Il convoglio attaccato, si disse, pattugliava per “combattere i pistoleros“.

Il senatore Carlos Payán Velver, membro della Cocopa, propose che l’istanza legislativa si recasse sul luogo perché la situazione era “grave e critica”. Il deputato Gilberto López y Rivas, della Cocopa, segnalò che quell’imboscata aveva tutto l’aspetto di “una provocazione dei paramilitari fomentata dal governo stesso dello stato” (La Jornada14/6/2000).

Nella stessa data, Victor Manuel Pérez López, dirigente della CIOAC, rivelò che il governo del Chiapas nel 1997 armò e finanziò “dissidenti del Partito del Lavoro” per combattere il fugace governo municipale di quel partito e della CIOAC. “Nella zona tutti sanno chi sono”, disse, e che “una volta centrato l’obiettivo” di restituire al PRI il comune, “questi si sarebbero dedicati agli assalti e al narcotraffico”. Agiscono, aggiunse, “in completa impunità, in pieno giorno, anche se militari e poliziotti realizzano pattugliamenti frequenti”.

Allora, in due imboscate precedenti, erano state assassinate quattro persone, secondo la CIOAC “basi zapatiste”. Il 13 gennaio, sulla strada per Chavajeval, fu assassinato Martín Sánchez Hernández da incappucciato armati, e poi, il primo febbraio, Rodolfo Gómez Ruiz, Lorenzo Pérez Hernández e Martín Gómez. Tutti tzotzil.

Deputati del PRD e del PAN accusarono di negligenza il segretario di Governo Mario Lescieur Talavera, e dissero che l’imboscata era il pretesto per l’invio di ulteriori elementi della Polizia Federale Preventiva. I carri armati, gli elicotteri e l’artiglieria dell’Esercito federale erano già arrivati.

L’episodio usciva allo scoperto. Urgeva correre ai ripari. Il governo credette di riuscirci, cosicché il presidente Zedillo il 19 giugno si recò a Marqués de Comillas per inaugurare una strada. Quello stesso giorno a El Bosque, l’Esercito e la PFP catturarono, senza mandato di cattura, il maestro Alberto Patishtán Gómez. Un gruppo di abitanti, membri del PRI, “visibilmente emozionati” (La Jornada, 20/6/2000) sollecitarono l’intervento del Congresso statale sostenendo che il prigioniero era innocente, “si dissociarono dai fatti violenti del 12 giugno” e dichiararono di non essere armati né di appartenere a nessun gruppo paramilitare. Non furono ascoltati, anzi, furono minacciati.

Patishtán rimase illegalmente “in stato di fermo” per un mese nell’hotel Safari di Tuxtla Gutiérrez. I suoi parenti, amici e correligionari occuparono la presidenza municipale e chiesero la liberazione del professore. Neanche il loro stesso partito li appoggiò. E non solo. L’allora deputato priista Ramiro Miceli Maza, compadre del sindaco, cioè padrino di battesimo del giovane Rosemberg, risultò un elemento chiave nello spaventarli ed accusare il maestro e leader comunitario che finì nella prigione di Cerro Hueco.

Quel 19 giugno, pronunciandosi rispetto alle imminenti elezioni del 3 luglio 2000, il subcomandante Marcos scrisse: “Nel frattempo qua stiamo tremando. E non perché ‘el croquetas‘ Albores abbia ingaggiato Alazraki per rifarsi l’immagine (probabilmente Albores cerca un posto per promuovere cibo per cani), né per i seicentomila dollari che gli verserà (soldi destinati originalmente a ‘risolvere le condizioni di povertà ed emarginazione degli indigeni chiapanechi’, Zedillo dixit). Neanche per i latrati del ‘cucciolo‘ Montoya Liévano (sempre più nervoso perché si sta scoprendo che sono stati i suoi ‘ragazzi ‘- cioè, i suoi paramilitari – i responsabili dell’attacco alla Pubblica Sicurezza a El Bosque, il 12 giugno scorso). No, stiamo tremando perché siamo zuppi di pioggia. E tra elicotteri e temporali, non si trova un buon riparo”.

Ora contro gli zapatisti

Il 10 luglio seguente, passate le elezioni federali, un mese dopo l’imboscata, la polizia statale fermò a Bochil due basi di appoggio dell’EZLN residenti ad Unión Progreso, con l’accusa di aver partecipato al crimine. Questo, anche se la Procura Generale della Repubblica sostenesse che gli attaccanti erano un gruppo di priisti dissidenti, tra i quali Patishtán; queste due basi zapatiste da mesi lanciavano accuse al sindaco Manuel Gómez Pérez per la sua scandalosa corruzione.

La Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE) seguiva le proprie linee di indagine. “Ricorrendo alla polizia distaccata a Los Plátanos, al corrente dei fatti, le autorità hanno raccolto prove del delitto a carico di due indigeni di Unión Progreso” (La Jornada, 15/7/2000). Uno di loro, Salvador López González, torturato e interrogato senza traduttore, firmò una confessione ad hoc e fu imprigionato. In prigione si trovò col suo coimputato: Patishtán. Senza nemmeno conoscersi, i due si portavano addosso tutto il peso dell’imboscata.

La Jornada scrisse da Unión Progreso: “Il distaccamento di polizia che ha fermato gli zapatisti ha avuto sotto gli occhi, per lungo tempo, le coltivazioni di marijuana che ci sono a Los Plátanos. La violenza interna in quel villaggio, controllato da un noto gruppo paramilitare, è sempre servita da pretesto per accusare ed attaccare i vicini zapatisti. Secondo il rappresentante di Unión Progreso, ‘ci accusano di quello che fanno loro’. L’Esercito federale è entrato a Los Plátanos per distruggere queste coltivazioni, le uniche scoperte nella regione. Almeno in due occasioni, e senza arrestare nessuno”.

Salvador e suo fratello Manuel “furono fermati” il 10 luglio; i loro familiari dichiararono: “Quelli della Pubblica Sicurezza (SP) li hanno denudati e picchiati fino a ridurre Salvador senza conoscenza”. Con gli arrestati c’erano un bambino (“che piangeva molto”) ed un adolescente che “ci vennero ad avvisare che avevano portato via i compagni”.

Siccome quelli della SP non erano di Bochil ma di El Bosque, “affittarono la prigione “. Poi i fermati furono portati a Cerro Hueco. “Quelli della SP gli misero addosso un pugno di marijuana e delle pallottole” e rubarono 28 lattine di bibite. Manuel sarebbe poi stato rilasciato.

Esattamente un mese prima, il 10 giugno, ore prima del massacro dei poliziotti, la SP acquartierata a Los Plátanos intercettò un camioncino di Unión Progreso. L’autista era lo stesso Salvador. Lo interrogarono “su una lista di nomi. Da quel momento volevano accusare i compagni”, dichiarò un rappresentante della comunità: “Non sappiamo quanti ce ne sono nella lista. Forse siamo accusati tutti”. (Curiosamente, quasi con le stesse parole avevano espresso lo stesso timore i correligionari di Patishtán quando questi fu arrestato).

Con due capri espiatori così simbolici come Alberto e Salvador, il caso cominciava ad essere “risolto”, o almeno dimenticato dai media nazionali.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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