E TU VOTI ANCORA?
Il prossimo febbraio si ripeterà per l’ennesima volta la farsa delle elezioni. Tra promesse e buoni propositi che verranno disattesi, sentiremo soprattutto appelli al voto, perché il male assoluto, per i politici, è l’astensionismo: quante volte abbiamo sentito dire che, piuttosto che non votare, è meglio andarci e annullare la scheda, o lasciarla bianca? Il motivo è semplice: votare non è solo dare la propria preferenza ad un partito, ma anche legittimare il sistema partitico e la democrazia rappresentativa. Ciò di cui i politici hanno più paura non è la vittoria della parte opposta, ma che l’intero sistema politico venga messo in discussione. Per impedirlo raccontano che il diritto al voto è una conquista sociale, che i comuni cittadini possono partecipare attivamente alla vita politica votando, che in democrazia “la sovranità appartiene al popolo” e ognuno può eleggere i propri rappresentanti. In realtà tutto questo è falso e la prova si trova proprio nel fondamento della nostra repubblica democratica, la Costituzione, che all’articolo 67 dice: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. La stessa Costituzione, quindi, dice che i parlamentari sono liberi di agire come vogliono, perché non hanno nessun obbligo verso i propri elettori e rappresentano l’intera nazione, formula astratta che nella pratica non significa nulla. Le conquiste sociali sono sempre state il risultato di lotte e non di elezioni; chi ci dice che votare è partecipare alla vita politica, cerca di dissuaderci dall’unica vera partecipazione che può portare al cambiamento, quella diretta, in prima persona, organizzandoci dal basso e senza mediazioni attraverso “rappresentanti” politici e istituzionali!
Pensare che la politica istituzionale sia stata pulita in passato significa non conoscere la storia; pensare che possa essere pulita in futuro significa non conoscerne i meccanismi. I partiti (compresi i “movimenti” che rifiutano di definirsi tali, ma che si candidano alle elezioni) sono centri di potere, che inevitabilmente attirano chi è interessato più a quel potere che al bene comune, e questo non si può evitare cambiando persone o partiti al governo, come qualche “rottamatore” o “giovanilista” o “grillino” vorrebbe farci credere. E’ tempo di prendere coscienza del problema alla base di tutto questo: il sistema autoritario e gerarchico, che ci fa cedere il potere a un gruppo di privilegiati col diritto di decidere per tutti sulla base di una pretesa “legittimità popolare”. Togliamo loro questa legittimità: non votiamoli, riprendiamoci il controllo dei nostri spazi, delle città, dei luoghi di lavoro e studio, delle nostre vite!
LA NOSTRA PROPOSTA
Per fare ciò l’astensionismo non basta: è necessario iniziare da subito ad organizzarci dal basso, in modo orizzontale e paritario, tramite assemblee di autogestione dove nessuno possa avere il potere di imporsi sugli altri e ognuno possa davvero partecipare attivamente alle decisioni che lo riguardano. Chi ci racconta che l’organizzazione gerarchica è la migliore, o addirittura che è l’unica possibile, dice una falsità: la storia è piena di esempi di comunità, città, fabbriche che sono state realmente autogestite, e quando queste esperienze sono finite non è stato per mancanza di efficienza o di ordine, ma per l’intervento di un potere che si è imposto con la forza. Perché su questo si basa il sistema gerarchico, per quanto “democratico” possa essere: sulla forza, sui rapporti autoritari, sull’imposizione (fisica e culturale) di un modello unico, sulla repressione di chi lo rifiuta e vorrebbe sperimentare nuove forme di organizzazione. L’autogestione è, all’opposto, basata sulla condivisione, sull’assunzione di responsabilità di ognuno, sul rispetto delle diverse opinioni, sulla sperimentazione continua slegata da ogni dogma, sul contributo di tutti alle decisioni, sul rifiuto di qualunque autorità, anche quella della maggioranza. Nell’autogestione anarchica le decisioni vengono prese ogni qualvolta sia possibile secondo il metodo del consenso, che prevede in caso di disaccordo la sintesi tra le diverse posizioni, che non significa unanimità ma saper accettare le opinioni altrui ed essere in grado di trovare soluzioni il più possibile condivise.
L’astensionismo che proponiamo non è semplice disinteresse, ma un mezzo per delegittimare il sistema politico, a cui è necessario affiancare altri mezzi per organizzarci al di fuori di ogni autorità, iniziando da dove possiamo avere la possibilità, fin da subito, di autogestirci. Chi o cosa dà autorità al Comune, per esempio, di prendere decisioni per un quartiere? La legittimità popolare? Allora un’assemblea aperta e paritaria degli abitanti di quel quartiere non dovrebbe avere molta più legittimità per decidere, essendo formata dai diretti interessati che vivono ogni giorno quella parte di città? Questo è l’inganno della democrazia: farci credere che la sovranità appartenga a noi, e l’unico metodo per esercitarla sia delegarla a qualcuno, cioè perderla. L’autogestione permette di esercitare davvero quella sovranità che ci viene promessa ma che ogni giorno ci viene tolta: tramite assemblee nei quartieri, nei posti di lavoro, per la gestione dei luoghi pubblici (parchi, piazze, parcheggi…) dobbiamo reclamare il controllo di ciò che i politici pretendono di gestire in nostro nome.
Stella Nera Anarchico e Occupato, Modena