La Jornada – Domenica 6 novembre 2011
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 5 novembre. Nello scenario di strategia contrainsurgente, come ha dichiarato il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), “le comunità autonome in resistenza, le cui popolazioni costituiscono le basi di appoggio civili dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, si trovano al centro di un possibile confronto e ripresa delle ostilità, come quelle che conserviamo nella memoria collettiva del Messico ferito”.
Questo, in una lettera rivolta al presidente della Repubblica, Felipe Calderón Hinojosa, ed al governatore Juan Sabines Guerrero, che è stata sottoscritta in pochi giorni da più di 350 organizzazioni, collettivi, comunità e popoli del Messico e di numerosi paesi, che “condividono il significato del profondo oblio in cui l’agenda ufficiale ha collocato le richieste e denunce di centinaia di individui e situazione in Chiapas”.
Il Frayba sottolinea che il documento avverte i governanti su “azioni ed omissioni che ci obbligano a denunciare la loro responsabilità nella sistematica violazione dei diritti dei popoli indigeni” nell’entità. Chiede inoltre che “i governanti di turno forniscano risposte chiare ai popoli e comunità che ogni giorno denunciano gli effetti della guerra generalizzata i cui numeri hanno un nome e rappresentano migliaia di storie di vita”.
In due anni “le ostilità in Chiapas sono aumentate; le azioni dei gruppi paramilitari, in complicità con funzionari pubblici, hanno trasformato l’esproprio di terre recuperate, di proprietà delle comunità autonome, in bottino di guerra”.
Di fronte alle costanti azioni governative a detrimento dei diritti della popolazione, il centro Frayba respinge “le politiche dei governi. Le più ricorrenti: omissione di fronte alle denunce e richieste di intervento; permettere la rottura del tessuto comunitario e sociale con la polarizzazione dei conflitti; generare condizioni di emergenza alimentare e sanitaria in comunità sotto assedio; gestire giuridicamente e politicamente violazioni flagranti dei diritti umani di popolazioni indigene”.
Coloro che seguono le azioni di difesa e l’esercizio dei diritti “esercitate da popoli e comunità originari”, hanno osservato “la guerra che, dal 1994 e con la copertura dei tre livelli di governo, viene condotta in Chiapas contro chi ha deciso di mettere in pratica gli accordi di San Andrés, firmati e negati dallo Stato messicano dal 1996”. Non sono pochi gli “impegni traditi” dai partiti politici che hanno occupato posizioni di governo, il quale continua a rimandare “soluzioni pacifiche al conflitto armato interno irrisolto”.
Osservano “la permanente implementazione” di strategie contrainsurgentes, che lasciano “una lunga scia di detenzioni arbitrarie, omicidi, sparizioni, massacri, sfollamenti ed esproprio di territori”. Ciò deriva dal “mancato disarmo dei gruppi civili armati che operano dal 1996″. Queste azioni erano raccomandate nel ‘Piano della campagna Chiapas 94’ della Segreteria della Difesa Nazionale”; è preoccupante che continuino “ad operare contro popoli e comunità”.
Sono molteplici gli interventi chiesti al governo statale per fermare azioni che attentano ai diritti collettivi e individuali. La risposta “di tutti i livelli di governo” è stata “silenzio e omissione, acuendo l’impunità e l’ingiustizia”.
Infine, la lettera lamenta che il discorso ufficiale abbia trasformato i diritti umani “in slogan pubblicitario, favorendo la simulazione”; la manipolazione mediatica “è costata cifre milionarie all’erario” ma il costo maggiore sono “vite e comunità condannate all’oblio, all’emarginazione e all’ingiustizia”. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/06/politica/015n1pol