La Jornada – 21 ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
All’alba di ieri, giovedì, intorno alle 2:30, il direttore della prigione di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, José Miguel Alarcón García, ed il comandante della prigione, scortati da sette agenti di custodia, hanno trasferito nella prigione di Guasave, Sinaloa, il professor Alberto Patishtán Gómez, portavoce dei detenuti da 22 giorni in sciopero della fame.
Secondo i suoi compagni che si trovano nel presidio all’interno del carcere, il trasferimento di Patishtán Gómez “è chiaramente un tentativo di scoraggiare lo sciopero della fame”. Segnalano che le autorità governative “sono consapevoli, come noi, dell’autorità morale che rappresenta Patishtán all’interno della prigione, e più concretamente nello sciopero”.
Nel pomeriggio del giovedì, il governo statale ha annunciato che, “nell’ambito del programma di riduzione del sovraffollamento dei centri penitenziari, questo giovedì la Segreteria federale di Pubblica Sicurezza ha eseguito il trasferimento di 48 detenuti che si trovavano nelle prigioni del Chiapas in diverse prigioni federali del paese”.
In questo gruppo si trova Patishtán Gómez – aggiunge il bollettino ufficiale – “condannato a 60 anni di prigione per reati federali, dopo il suo arresto nel 2000”. Il maestro “si trova in buono stato di salute” ed è stato trasferito nel Carcere N. 8 di Guasave, Sinaloa.
Il sottosegretario degli Istituti Penali in Chiapas, José Antonio Martínez Clemente, ha precisato che tutti i detenuti trasferiti sono condannati per reati in ambito federale. In realtà, le autorità dello stato si sono dissociate dall’operativo. Ricordiamo che nel 2010, il governatore Juan Sabines Guerrero si era personalmente impegnato per la liberazione di Patishtán durante la sua visita all’ospedale di Tuxtla Gutiérrez, dove il professore tzotzil era stato ricoverato per sei mesi per problemi diabetici, per i quali non ha ricevuto l’assistenza adeguata, e si pensa che ne riceverà ancora meno nel nuovo carcere.
Patishtán è stato il portavoce ufficiale dell’azione di protesta pacifica intrapresa dai detenuti indigeni nelle prigioni di San Cristóbal, El Amate e Motozintla, rispetto al quale “il governo non solo non si è pronunciato, ma ha fatto di tutto per oscurare la protesta”, hanno dichiarato i familiari dei detenuti, ed ora “cerca di spezzare questo sciopero della fame”.
I detenuti e le loro famiglie – in presidio nel centro di San Cristóbal de Las Casas – chiedono la liberazione immediata di Patishtán Gómez e di tutti gli altri carcerati in sciopero della fame. http://www.jornada.unam.mx/2011/10/21/politica/022n1pol