progetti governativi messicani attentano ai diritti degli indigeni

Secondo il rapporto del Frayba, i progetti del governo sono un attentato ai diritti degli indigeni

Elio Henríquez. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 30 agosto. I diritti collettivi dei popoli indigeni sono “seriamente minacciati dalla presenza di progetti e piani governativi che fomentano il saccheggio del territorio per interessi estranei ai suoi abitanti ancestrali” afferma il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) nel suo rapporto annuale.

“I popoli indigeni del paese si trovano in una situazione estremamente complessa dovuta, tra le altre ragioni, alla disputa per il controllo territoriale ed alla cultura di violenza generata dallo Stato messicano, che prosegue in un’interminabile voragine”, aggiunge nel rapporto Late la tierra en las veredas de la resistencia (La Terra pulsa sui sentieri della resistenza).

Sottolinea che “all’origine di questo scenario ci sono i progetti ed i piani dei governi federale, statale e municipali, come il Centro Integralmente Planeado, che rispondono ad una politica di esclusione, emarginazione e povertà, e che fomentano il saccheggio del territorio”.

Secondo l’organizzazione presieduta da Raúl Vera López, vescovo di Saltillo, Coahuila, questi piani, collegati al Proyecto Mesoamérica, prima Plan Puebla-Panamá, “hanno causato in Chiapas conflitti con gravi conseguenze sociali nelle regioni dove si trovano le comunità abitate da basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, che stanno costruendo nuove alternative di fronte a progetti di sviluppo indirizzati allo sfruttamento delle risorse naturali e che sono estranei alla cultura dei popoli indigeni”.

Víctor Hugo López, direttore dell’organizzazione, durante la presentazione del rapporto ha detto che col 18% sul totale delle denunce, quelle relative al saccheggio di territori sono state le più ricorrenti nel lasso di tempo che va da marzo 2010 ad aprile 2011.

Ha detto inoltre che l’esercizio dell’autonomia attraverso la libera determinazione “è una questione pendente dello Stato messicano con i popoli indigeni, poiché non c’è la volontà politica del governo di garantire, rispettare e promuovere i diritti collettivi dei popoli, cosa che implica un cambiamento profondo delle basi istituzionali dello Stato, cioè, un cambiamento radicale di sistema di governo”.

In presenza di alcuni invitati, ha dichiarato che “di fronte al disordine nazionale politico e sociale i popoli esercitano e recuperano forme ancestrali di autogoverno”.

Ha affermato che la costruzione delle autonomie che ha luogo in Messico, in particolare in Chiapas, è “come una casa invisibile”, perché “si parla molto dei suoi progressi ma non si guardano o non si vogliono vedere”.

Víctor Hugo López ha precisato che il documento presentato oggi nella sede del Frayba ha tra altri obiettivi quello di “dare conto della situazione dei diritti umani e dei processi di difesa ed esercizio del diritto in quattro ambiti: territorio, criminalizzazione della protesta, autonomia e memoria storica”.

Ha segnalato che l’organizzazione che dirige “ha documentato gli attacchi ai progetti di autonomia in Chiapas relativi a salute, educazione, comunicazione ed autodeterminazione delle comunità e popoli”.

Magdalena Gómez, studiosa dell’argomento, nel suo messaggio ha detto che nelle sue analisi, la relazione “ci pone nella necessità di fare un bilancio a dieci anni dalla controriforma indigena del 2001”.

L’articolista di La Jornada ha aggiunto: “Qui ci sono gli elementi base per rimarcare la ragion di Stato che nel 2001 fu fatta prevalere contro gli accordi di San Andrés: l’impatto di questa controriforma è evidente in tutto il documento”. http://www.jornada.unam.mx/2011/08/31/politica/019n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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