La Jornada – Venerdì 29 giugno 2011
Gli indigeni di San Sebastián Bachajón ribadiscono la loro lotta a difesa del territorio
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 28 luglio. Il vescovo Raúl Vera si è incontrato in città con gli ex detenuti di San Sebastián Bachajón e le autorità dell’Altra Campagna della regione che corrisponde a San José en Rebeldía nella cartografia autonoma zapatista, nel cuore storico tzeltal di Chilón. Vera ha ringraziato gli indigeni per il loro “esempio di lotta per il territorio e l’insegnamento di come camminare, resistere e lottare”.
Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha informato che nel contesto della riunione ordinaria del suo consiglio direttivo, presieduto dal vescovo di Saltillo, i cinque ex prigionieri politici “hanno condiviso la gioia” della loro liberazione, e ringraziato a loro volta “per non essere stati lasciati soli in questi frangenti della loro lotta”.
Gli ejidatarios “hanno riaffermato che la loro lotta è per la difesa della terra e del territorio, e che continueranno ad organizzarsi con i compagni e le compagne”.
Da parte sua, il Frayba ha dichiarato che “è in questi momenti di gioia che, a partire dal diritto inalienabile delle persone all’autodeterminazione e dei popoli all’autonomia, diversità culturale e vita degna, il popolo organizzato difende e genera nuove pratiche nell’esercizio del diritto di vivere in pienezza i diritti umani”.
Da parte loro, come per chiudere questo capitolo di una storia che non è finita, gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón, aderenti all’Altra Campagna, dalla loro comunità hanno ringraziato per la solidarietà ricevuta: “Grazie per aver confidato in noi, nonostante i ricatti del malgoverno che ha cercando di comprare la nostra dignità per prostituire le nostre terre. Per la nostra lotta, per le nostre sofferenze, noi che siamo in basso resistiamo, siamo qui andremo avanti”.
Hanno spiegato che la liberazione dei loro compagni “non vuol dire che smettiamo di lottare, al contrario, proseguiremo rafforzandoci di giorno in giorno”, perché “la difesa della madre terra e delle sue risorse non ha fine”.
Aggiungono: “Come esseri umani dobbiamo prendere coscienza, perché il malgoverno si sta appropriando della terra come qualcosa su cui lucrare”. Confidano che la loro recente esperienza sia “un esempio chiaro del fatto che il movimento che abbiamo creato non è politico, ma è per la nostra madre terra”, e chiedono “giustizia degna per il popolo ed il mondo”. Gli indigeni invitano collettivi, organizzazioni e media che li hanno appoggiati nei mesi scorsi a continuare a farlo. “Questo è un grazie, non un addio, perché continueremo a lottare”. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/29/politica/020n2pol