La Jornada – Martedì 26 luglio 2011
ONG chiede di indagare su possibili frodi nella costruzione della città rurale
Hermann Bellingausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 25 luglio. La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (Limeddh) ha esortato il governo statale, e fondazioni come Azteca e Fomento Social Banamex “a indagare su possibili frodi nella costruzione della città rurale Nuevo Juan de Grijalva”. Ha inoltre sollecitato le commissioni nazionale e statale dei diritti umani (CNDH e CDH) a prendere in considerazione le raccomandazioni relative ai detenuti arrestati un anno fa a Tecpatán e Frontera Comalapa, perché “sono vittime di un processo ingiusto”.
Tre anni fa un disastro naturale ha distrutto la comunità Juan de Grijalva (Ostuacán) e fino ad oggi, oltre che ad “offrire l’opportunità” al governo di mettere in moto le caldeggiate città rurali, non si sono risolti i problemi nella zona. Al disastro dello smottamento del novembre 2007 sul fiume Grijalva, si è aggiunta “l’erronea strategia di recupero di Conagua e CFE” che hanno tenuto per tre mesi sott’acqua 404 case di 33 villaggi. I governi statale e federale, CFE, Conagua e fondazioni private hanno fornito risorse, programmi di aiuto, indennizzi ed acquisto di terreni. Per Limeddh, “sono positive le iniziative per aiutare i disastrati”, ma è preoccupata che si faccia “senza tenere in considerazione l’opinione e i bisogni della popolazione”. Dopo un’indagine durata tre anni, la Limeddh ha rilevato “irregolarità e conflitti sociali” per “abbandono e la corruzione nel conferimento di risorse e realizzazione di progetti”.
Emerge la “bassa qualità” nella costruzione della città rurale, in contrasto con le valutazioni del catasto statale, dove sono indicati materiali migliori di quelli realmente utilizzati, “situazione che porta a supporre una frode milionaria”. Inoltre, gli abitanti manifestano scontento per la lontananza delle case dalle loro terre, e l’inesistenza di spazi per la coltivazione o l’allevamento di animali. Senza possibilità di attivare l’economia interna, affrontano la “disintegrazione sociale”: mentre le famiglie devono abitare le case “per non perderle, come stabilisce il contratto, gli uomini emigrano in cerca di lavoro”.
Lo studio segnala “mancanza di controllo sulla consegna di risorse e l’esproprio di terreni”, ed una “distribuzione irregolare degli aiuti”. Questo “crea bande, conflitti ed un clima di paura”. I disastrati denunciano inadempimento degli impegni statali e municipali, abusi di polizia e pressioni su chi non accetta il trasferimento, “al punto di ritirare i servizi di salute ed educazione alle comunità per forzare il trasferimento nella città rurale”.
Un anno fa, di fronte alle proteste a Tecpatán e Frontera Comalapa, “le autorità risposero in maniera brutale ed indiscriminata”, dice la Limeddh, e ricorda sia i prigionieri di coscienza sia “quelli ingiustamente associati a motivi politici”.
Di fronte alla mancanza di risposte, “le vittime del disastro naturale sono state costretti ad organizzarsi”. C’è la continua minaccia contro chi è in lotta nelle comunità, e 32 sotto processo. I detenuti sono accusati di reati gravi per “tenerli in prigione” e dimostrare “quello che può succedere”, e così si soffoca lo scontento per lo sbarramento del fiume Grijalva.
Più di 300 famiglie, che vivono in capanne malsane costruite come rifugio provvisorio, “aspettano ancora la costruzione della promessa città e la consegna di altre risorse promesse”.
Il rapporto è stato presentato i primi giorni di giugno all’Esecutivo statale, CFE, Conagua, CNDH e CEDH, “come si farà con le fondazioni e le istituzioni private”. Il 16 luglio, il segretario di Governo, Noé Castañón, ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’esistenza di dissensi. http://www.jornada.unam.mx/texto/021n1pol.htm