La Jornada – Mercoledì 22 giugno 2011
Hermann Bellinghausen. Inviato. Ocosingo, Chis., 21 giugno. Nella laguna di Miramar, nella Riserva Integrale della Biosfera Montes Azules (RIBMA), considerata dalle autorità ambientali prioritaria per la conservazione su scala nazionale, sta per iniziare la costruzione di un grande complesso alberghiero. Questo starebbe avvenendo “senza il consenso degli abitanti e senza perseguire un vero sviluppo sostenibile per gli abitanti della regione”, secondo il rapporto confidenziale di un esperto dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), che ha chiesto l’anonimato, e che è confermato dalle testimonianze degli abitanti tzotziles e choles dell’area.
Nel 2010 funzionari federali della Segreteria del Turismo (Sectur) ed impresari hanno negoziato con i coloni dell’ejido Emiliano Zapata, le cui terre confinano con la bellissima laguna Miramar, “la concessione di quattro ettari per la costruzione di questo complesso, così come il diritto di sfruttamento turistico della laguna per i prossimi 30 anni”.
Analisti, giornalisti ed organizzazioni indigene ed ambientaliste presenti nella selva Lacandona hanno ripetutamente denunciato che le misure di ricollocamento e sgombero di popolazioni insediate nei Montes Azules successivamente al decreto che creò la “riserva della biosfera”, nel 1978, vogliono espellere gli indigeni per sfruttare la zona turisticamente e commercialmente. Questo si rivolge a località considerate “irregolari” in prossimità delle lagune Suspiro, Ocotal e Ojos Azules, principalmente 6 de Octubre e Nuevo San Pedro, a nord dei Montes Azules. Le altre comunità prese di mira sono Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Benito Juárez e Ranchería Corozal.
La costruzione, a quanto pare imminente, del complesso turistico a Miramar conferma i piani governativi ed industriali per privatizzare e subordinare le comunità. Secondo il rapporto, in possesso de La Jornada, le autorità “che hanno avallato la costruzione del presente complesso e progetti simili, non vogliono coinvolgere le popolazioni locali nei benefici e nelle responsabilità della conservazione, ma, con le loro azioni di fatto, risultano corresponsabili dall’appropriazione di zone strategiche della selva Lacandona”. In questa concezione di sviluppo si iscrivono i centri di turismo ambientale nelle mani di privati e la riconversione di ampie zone alla monocoltura di palma africana e pinoli per produrre biocombustibili.
Una parte dei coloni coinvolti racconta i precedenti della costruzione del complesso alberghiero. Non stupisce che, come in tanti altri casi, risulti chiave la divisione delle comunità per disattivare qualunque resistenza. Un dato significativo è che la base militare di San Quintín si trova a poco più di un chilometro da Emiliano Zapata, ejido fondato a metà del secolo XX e che ha ottenuto il riconoscimento presidenziale nel 1969.
Così, il decreto della RIBMA, che comprende parte dell’ejido, risulta successivo. Le terre della comunità possiedono caratteristiche “relativamente adeguate” per la produzione agraria e l’ecoturismo: terre pianeggianti, acqua abbondante ed attrazioni turistiche. Vi abitano circa 850 choles e tzotziles. In questa regione, la maggioranza di indigeni tzeltal sono agricoltori “milperos” che producono per autoconsumo. L’unica produzione commerciale è quella del bestiame.
A completamento del complesso alberghiero ci sarà una strada che faciliterà l’affluenza dei turisti. In relazione agli studi di impatto ambientale e all’autorizzazione del progetto da parte della Segreteria dell’Ambiente e Risorse Naturali, la Segreteria del Turismo disse agli ejidatarios “che non dovevano preoccuparsi al riguardo”. Con loro sorpresa, riferiscono gli ejidatarios, seppero che le autorità ambientali “avevano già effettuato gli studi” per autorizzare il progetto, mentre altri loro progetti, più modesti, erano stati respinti per presunte incompatibilità ambientali. http://www.jornada.unam.mx/2011/06/22/politica/025n2pol