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possibile ripresa della ostilità nelle zone autonome zapatiste
La Jornada – Domenica 6 novembre 2011
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 5 novembre. Nello scenario di strategia contrainsurgente, come ha dichiarato il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), “le comunità autonome in resistenza, le cui popolazioni costituiscono le basi di appoggio civili dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, si trovano al centro di un possibile confronto e ripresa delle ostilità, come quelle che conserviamo nella memoria collettiva del Messico ferito”.
Questo, in una lettera rivolta al presidente della Repubblica, Felipe Calderón Hinojosa, ed al governatore Juan Sabines Guerrero, che è stata sottoscritta in pochi giorni da più di 350 organizzazioni, collettivi, comunità e popoli del Messico e di numerosi paesi, che “condividono il significato del profondo oblio in cui l’agenda ufficiale ha collocato le richieste e denunce di centinaia di individui e situazione in Chiapas”.
Il Frayba sottolinea che il documento avverte i governanti su “azioni ed omissioni che ci obbligano a denunciare la loro responsabilità nella sistematica violazione dei diritti dei popoli indigeni” nell’entità. Chiede inoltre che “i governanti di turno forniscano risposte chiare ai popoli e comunità che ogni giorno denunciano gli effetti della guerra generalizzata i cui numeri hanno un nome e rappresentano migliaia di storie di vita”.
In due anni “le ostilità in Chiapas sono aumentate; le azioni dei gruppi paramilitari, in complicità con funzionari pubblici, hanno trasformato l’esproprio di terre recuperate, di proprietà delle comunità autonome, in bottino di guerra”.
Di fronte alle costanti azioni governative a detrimento dei diritti della popolazione, il centro Frayba respinge “le politiche dei governi. Le più ricorrenti: omissione di fronte alle denunce e richieste di intervento; permettere la rottura del tessuto comunitario e sociale con la polarizzazione dei conflitti; generare condizioni di emergenza alimentare e sanitaria in comunità sotto assedio; gestire giuridicamente e politicamente violazioni flagranti dei diritti umani di popolazioni indigene”.
Coloro che seguono le azioni di difesa e l’esercizio dei diritti “esercitate da popoli e comunità originari”, hanno osservato “la guerra che, dal 1994 e con la copertura dei tre livelli di governo, viene condotta in Chiapas contro chi ha deciso di mettere in pratica gli accordi di San Andrés, firmati e negati dallo Stato messicano dal 1996”. Non sono pochi gli “impegni traditi” dai partiti politici che hanno occupato posizioni di governo, il quale continua a rimandare “soluzioni pacifiche al conflitto armato interno irrisolto”.
Osservano “la permanente implementazione” di strategie contrainsurgentes, che lasciano “una lunga scia di detenzioni arbitrarie, omicidi, sparizioni, massacri, sfollamenti ed esproprio di territori”. Ciò deriva dal “mancato disarmo dei gruppi civili armati che operano dal 1996″. Queste azioni erano raccomandate nel ‘Piano della campagna Chiapas 94’ della Segreteria della Difesa Nazionale”; è preoccupante che continuino “ad operare contro popoli e comunità”.
Sono molteplici gli interventi chiesti al governo statale per fermare azioni che attentano ai diritti collettivi e individuali. La risposta “di tutti i livelli di governo” è stata “silenzio e omissione, acuendo l’impunità e l’ingiustizia”.
Infine, la lettera lamenta che il discorso ufficiale abbia trasformato i diritti umani “in slogan pubblicitario, favorendo la simulazione”; la manipolazione mediatica “è costata cifre milionarie all’erario” ma il costo maggiore sono “vite e comunità condannate all’oblio, all’emarginazione e all’ingiustizia”. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/06/politica/015n1pol
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Commenti disabilitati su possibile ripresa della ostilità nelle zone autonome zapatiste
pressione per la liberazione dei detenuti indios in sciopero della fame
La Jornada – Sabato 5 novembre 2011
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 4 novembre. “Il governo ha ignorato i nostri diritti. Chiediamo che dia la libertà a noi che siamo in sciopero della fame da 37 giorni”, ha dichiarato oggi Pedro López Jiménez, portavoce della protesta dalla prigione N. 5 di San Cristóbal. “La nostra salute è compromessa”, ha aggiunto. “Il governo sarà responsabile dell’eventuale perdita di vite”.
López Jiménez ha ribadito a La Jornada che è “molto importante anche la liberazione del fratello Alberto Patishtán, portato in una prigione federale a Guasave (Sinaloa)”.
Arrivati a questo punto, finalmente il governo del Chiapas e la chiesa Cattolica hanno dato segni di vita rispetto allo sciopero della fame degli 11 indigeni nelle prigioni N. 5, N. 6 (Motozintla) e N. 14 (El Amate, Cintalapa).
Pueblo Creyente, organizzazione di base della diocesi di San Cristóbal, ha invitato a “pregare per il nostro fratello Alberto Patishtán Gómez, affinché la fede che l’ha sostenuto tutti questi anni, continui a mantenendo forte di fronte a questa dura prova”. Pueblo Creyente, che ebbe un ruolo decisivo nel precedente sciopero della fame dei detenuti nel 2008, durato 41 giorni, ottenendo liberazione di decine di indigeni “prigionieri politici”, ha denunciato che il trasferimento di Patishtán è stato “una nuova rappresaglia per il suo lavoro di presa di coscienza ed evangelizzazione all’interno della prigione”.
Pueblo Creyente ha comunicato che il vescovo locale, Felipe Arizmendi Esquivel, ha chiesto “aiuto” al suo omologo di Sinaloa affinché “si occupino di Alberto in questa nuova e difficile situazione nella prigione N. 8 di Guasave”. L’organizzazione ha affermato: “È molto importante pronunciarci in questo momento per ottenere la liberazione di nostro fratello Alberto”, al quale il vescovo Samuel Ruiz García consegnò un riconoscimento, due anni fa in carcere, “per il suo lavoro come custode del popolo e difensore dei diritti umani”.
Da parte sua, la sottosegreteria del Ministero di Grazie e Giustizia ha comunicato che, “in coordinamento con la Commissione Statale dei Diritti Umani (CEDH), ha esaudito la richiesta di otto internati del Crcere N. 5 di far entrare un gruppo di medici privati”. Il titolare della sottosegreteria, José Antonio Martínez Clemente, ha dichiarato che “si sta fornendo tutta l’assistenza richiesta dai detenuti; inoltre, la CEDH ha sollecitato l’ingresso di medici affinché accertino lo stato di salute dei detenuti”.
Ha detto che, “come misura di negoziazione alle sue richieste, hanno ottenuto l’accordo con la CEDH per non incorrere in mancanze che possano privarli dei loro diritti particolari”. Il funzionario non ha fatto menzione dei detenuti a Motozintla e Cintalapa, Juan Collazo Jiménez ed Enrique Gómez Hernández. Non ha neppure fatto riferimento alla vera richiesta degli indigeni: la loro immediata liberazione.
E, mentre il governatore chiapaneco Juan Sabines Guerrero si è incontrato questo giovedì a Washington col titolare dell’Organizzazione Panamericana di Salute per affrontare “le politiche pubbliche promosse dal Chiapas in materia di salute, come la lotta contro le malattie dovute all’arretratezza”, gli scioperanti hanno informato della morte di Natanael, figlio di Rosa López Díaz ed Alfredo López Jiménez, detenuti tzotziles che partecipano alla protesta.
Il bambino è deceduto dopo essere stato respinto dall’ospedale di San Cristóbal (e prima ancora dall’ospedale di Teopisca), “perché non avevamo soldi”, come ha riferito il nonno del bimbo alle famiglie in presidio nella piazza di San Cristóbal (presidio a ostegno delle istanze dei detenuti). In aggiunta, il personale della clinica ha accusato il padre di Alfredo che, confessa, “non avevo i soldi nemmeno per tornare a casa”. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/05/politica/015n2pol
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Dal Chiapas. Muore Nataniel: la somma delle ingiustizie
Muore Nataniel: la somma delle ingiustizie
Nataniel e’ morto, 4 anni vissuti su una sedia per una paralisi
cerebrale. In una casetta qualunque, nell’entroterra del Chiapas.
Sua madre, Rosa, era incinta al quarto mese quando venne arrestata col
marito, Alfredo, e torturata. L’hanno asfissiata con una busta di
plastica e poi le hanno immerso la testa in un secchio d’acqua. Pagano
l’essere nati indigeni in un sistema colonialista.
Rosa, dopo aver partorito Nataniel, l’ha affidato ai nonni a Teopisca,
un paesino a un’ora da San Cristobal in Chiapas, mentre lei continua a
scontare la pena per un delitto confessato sotto tortura. 27 anni per
sequestro.
Rosa ha gia’ raccontato la sua storia in una lettera aperta alle Madri
per Roma Citta’ Aperta, di cui e’ membro onorario. Qui potete leggere
la sua storia e la corrispondenza:
http://www.autistici.org/nodosolidale/news_det.php?l=it&id=2102
Non e’ stata una fatalita’, Nataniel e’ tre volte vittima dello Stato
messicano: per la tortura inflitta alla madre, per l’allontamento
forzato dalle cure materne, per le condioni sociali, sanitarie ed
economiche critiche in cui vive la popolazione indigena in Chiapas.
Rosa e Alfredo sono due degli undici indigeni in lotta nelle carceri.
Dal 29 settembre sono in sciopero della fame. La morte di Nataniel e’
un colpo durissimo per loro, indeboliti dal lungo digiuno. Urge far
sentire loro la nostra solidarieta’.
Con la rabbia nel cuore, libere tutti.
Nodo Solidale – Construyendo la resistencia global
http://www.autistici.org/nodosolidale/
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Manifestazione no f-35 e assemblea antimilitarista il 5 novembre a milano
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mobilitazione internazionale in sostegno degli indios in sciopero della fame
La Jornada – Giovedì 3 novembre 2011
Hermann Bellinghauen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 2 novembre. Collettivi, organizzazioni sociali e comunità dell’Altra Campagna hanno lanciato una mobilitazione nazionale ed internazionale in solidarietà con lo sciopero della fame in Chiapas, per chiedere, con diverse manifestazioni, la liberazione degli indigeni rinchiusi nelle prigioni di San Cristóbal de Las Casas, Cintalapa e Motozintla, che sono da 35 giorni in sciopero della fame. La giornata di protesta avrà luogo il prossimo lunedì 7 novembre.
Spicca la solidarietà nazionale e internazionale registrata già in molti stati del Messico, in Italia, Francia, Spagna, Norvegia, Inghilterra, Svizzera e Finlandia, tra gli altri, che si è manifestata in azioni per chiedere la “liberazione immediata dei compagni”.
Ciò nonostante, si aggiunge nella convocazione, “il governo dello stato continua a tenerli prigionieri, invisibili; ha trasferito a Guasave, Sinaloa, il nostro fratello e compagno Alberto Patishtán e frustato le azioni solidali, in particolare il presidio che i familiari dei detenuti stanno mantenendo dall’8 di ottobre nella piazza della cattedrale di San Cristóbal.
Nella convocazione si ricorda che lo scorso 29 settembre, un gruppo di detenuti appartenenti alla Voz del Amate, Solidarios de la Voz del Amate e Voces Inocentes si sono dichiarati in sciopero della fame e digiuno. Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Sántiz, José Díaz López, Pedro López Jiménez, Juan Díaz López e Rosario Díaz Méndez, reclusi nel Carcere N. 5 di San Cristóbal de Las Casas, “hanno iniziato uno sciopero della fame totale per chiedere la loro immediata e incondizionata liberazione”. Con loro hanno iniziato un digiuno di 12 ore al giorno e con le stesse rivendicazioni, Rosa López Díaz, Alberto Patishtán Gómez e Andrés Núñez Hernández.
Il 3 ottobre si sono uniti al digiuno Enrique Gómez Hernández, nel Carcere N. 14, El Amate, e Juan Collazo Jiménez, nel Carcere N. 6 di Motozintla.
Insieme al presidio dei familiari a sostengo dello sciopero della fame e digiuno, firmano: Red contra la Represión y por la Solidaridad Chiapas, Grupo de Trabajo No estamos Todos, Brigada Feminista, Camino del Viento, Comité Ciudadano para la Defensa Popular (Cocidep), Rebeldeando Dignidad, Consejo Autónomo de la Costa, le comunità di Cruztón, Candelaria el Alto, 24 de Mayo, Busiljá, San Juan las Tunas, Ejido Cintalapa e Frente Popular Francisco Villa Independiente, aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
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raccolta firme per i detenuti in sciopero della fame in chiapas
Sciopero della fame dei prigionieri in Chiapas: raccolta firme
http://www.autistici.org/nodosolidale/news_det.php?l=it&id=2145
Novembre 2011, Chiapas, Messico
Dal 29 settembre un gruppo di prigionieri indigeni, reclusi in diverse carceri del Chiapas e appartenenti alle organizzazioni “la Voz del Amate”, “Solidarios de la Voz del Amate” e “Voces Inocentes” si sono dichiarati in sciopero della fame e digiuno.
I loro nomi sono: il professor Alberto Patishtan Gomez, Andres Nuñez Hernandez, Alfredo Lopez Jimenez, Alejandro Diaz Santiz, Jose’ Díaz Lopez, Pedro Lopez Jimenez, Juan Diaz Lopez, Rosario Diaz Méndez, Enrique Gomez Hernandez, Juan Collazo Jimenez e la compagna Rosa Lopez Diaz.
Tutti e tutte sono ingiustamente privati della loro liberta’ dato che i delitti di cui sono accusati e per i quali sono condannati a pene lunghissime sono stati prefabbricati ad arte. Tutti e tutte sono stati torturati fisicamente e psicologicamente al momento dell’arresto da personale in borghese e in case anonime che sono nei fatti dei centri di detenzione e tortura clandestini.
La loro degna lotta e’ per denunciare gli orrori e gli abusi che si vivono nelle carceri del Messico e per esigere la liberta’ immediata.
Intorno a loro si sono levate molte voci solidali, in Messico come nel mondo. Voci che dal basso rivendicano e praticano una giustizia diversa, lontana dai tribunali di stato e vicina ai popoli. Voci che rifiutano lo sfruttamento, il saccheggio dei beni comuni, la repressione, il disprezzo. Voci e persone che quotidianamente costruiscono migliaia di alternative al mondo marcio del capitale e delle sue barriere, materiali e immateriali che siano. Voci e persone che parlano lingue diverse ma allo stesso ritmo, quello del cuore, che batte in basso e a sinistra.
In questo grido di liberta’ si riflette, come in uno specchio, la rabbia di migliaia di prigionieri politici palestinesi in Israele; di migliaia di migranti che rifiutano il cibo e si ribellano contro i Centri di Identificazione ed Espulsione europei dove sono ingiustamente detenuti; dei mapuche che con il loro lunghissimo sciopero della fame rifiutano la Legge Anti-terrorismo; nella stessa rabbia si riconoscono i Curdi nelle prigioni turche, i baschi e le basche torturati nei FIES, i nigeriani e gli africani che si ribellano alle multinazionali del petrolio e sono arrestati e assassinati… tutti quelli e quelle dissidenti incarcerate in queste umide pareti in ogni angolo del mondo, dove cercano di schiacciare le idee.
Per questo lanciamo un appello alle organizzazioni indipendenti, ai gruppi di affinita’, ai centri sociali, ai sindacati autonomi, ai media indipendenti, a tutti quelli e a tutte quelle che agiscono in forma autogestita e che sono complici e colpevoli, come tutti e tutte noi, di sognare un mondo senza barriere, frontiere o prigioni a unirsi e solidarizzare con questa degna lotta dei prigionieri e delle prigioniere politiche in sciopero della fame in Chiapas.
Abbattiamo i muri delle prigioni!
Liber@ tutt@!
Se toccano uno di noi toccano tutti noi!
Per aderire all’appello mandare una mail a: noestamostodxs@riseup.net
CHIEDIAMO PER FAVORE DI ADERIRE ENTRO DOMENICA 6 NOVEMBRE
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dal 34° giorno di sciopero della fame in chiapas
La Jornada – Mercoledì 2 novembre 2011
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 1º novembre. Proseguono. Saranno invisibili? Su un foglio fissato con del nastro adesivo è riportato il numero dei giorni di presidio di fronte alla cattedrale: oggi sono 26. Sono diverse famiglie che sono aumentate di numero e dimagriscono a fisarmonica durante il giorno. Tenaci, chiedono con la loro presenza, i cartelloni, gli striscioni ed un discreto impianto stereo, la liberazione dei loro familiari. Bambini e anziani di Chamula, Mitontic, Tenejapa, Chenalhó, El Bosque, San Cristóbal, accompagnano da qui i detenuti dell’Altra Campagna in sciopero della fame da 34 giorni.
Il municipio voleva cacciare le famiglie, come parte del radicale e fugace maquillage subito da questa città coloniale in occasione del forum mondiale del turismo “di avventura”; ma poi ha desistito. Lo scorso fine settimana in questa stessa piazza si sono svolti grandi concerti del festival Cervantino Barocco. Ed il presidio sempre lì, con i suoi striscioni per la libertà dei “prigionieri politici”. Come se non ci fossero. E così sotto la pioggia torrenziale di stagione.
Anche se molti passanti, centinaia ogni giorno, si fermano a leggere le loro richieste e guardare con insistenza la serie di ritratti dipinti di tutti i detenuti, sobri ed espressivi, per loro non cambia niente. Come diceva Alberto Pastishtán prima che lo “estradassero” a Guasave, Sinaloa, “il governo è sordo e non ascolta le nostre richieste”. O forse no, perché ha deciso di metterlo a tacere. I giorni passano. Un attivista dell’Altra Campagna che partecipa al presidio indigeno dice: “Il governo ha il tempo dalla sua, può aspettare un’altra settimana, mentre i compagni sono sempre più deboli”.
In relazione alle condizioni degli scioperanti, è stato diffuso un nuovo bollettino medico, che alla fine si è potuto redigere domenica, anche se senza strumenti di nessun tipo, condizione dettata dalle autorità del Carcere N. 5 di San Cristóbal per permettere la visita. Il bollettino riferisce che i detenuti in protesta sono “in netto peggioramento”. Presentano nausea, mal di testa e nel corpo, principalmente le articolazioni, e disturbi gastrici. Crampi giorno e notte. Debolezza costante.
La sintomatologia “si è aggravata in tutti”; alcuni hanno la vista annebbiata, o la voce debole, e così il. Sviluppano intolleranza al miele e difficoltà a stare in piedi o camminare anche per brevi distanze, cosicché giacciono quasi permanentemente nel cortile della prigione.
Secondo il parere medico, si va verso un peggioramento e l’esaurimento delle riserve fisiche, “cosa che implica un maggiore danno fisico man mano che aumentano i giorni di sciopero”. Otto di loro non assumono cibo. Altri due digiunano per 12 ore al giorno. E di Patishtán, a Sinaloa, non si sa nulla.
Nella sezione femminile del carcere di San Cristóbal, Rosa López Díaz digiuna da 34 giorni. Presenta “cambiamenti nell’aspetto, occhiaie, mal di stomaco, nausea, debolezza, stanchezza e intorpidimento”.
Col tempo contro, Pedro López Jiménez, nuovo portavoce della protesta, ha fatto arrivare ai familiari alcuni “pensieri” dal suo sciopero: “La pioggia fa germinare ogni tipo di piante, anche tu puoi con le tue parole”.
Anche Andrés Núñez Hernández ha mandato i suoi: “La lotta è come una luce che ti fa vedere tutti i tuoi cari nel mondo. La lotta è come una torcia che illumina le nostre strade, che ci conduce alla vera libertà. Non lasciare che si spenga!” http://www.jornada.unam.mx/2011/11/02/politica/017n1pol
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niente assistenza medica per lo sciopero della fame in chiapas
La Jornada – Martedì 1° Novembre 2011
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 31 ottobre. Queesto fine settimana, per due volte, il direttore del Carcere N. 5 di questo municipio ha negato l’accesso ai medici indipendenti che volevano visitare i detenuti in sciopero della fame della Voz del Amate, Voces Inocentes e Solidarios de la Voz del Amate, aderenti dell’Altra Campagna.
Reclusi in tre prigioni del Chiapas, gli indigeni hanno annunciato che in occasione del Giorno dei Defunti innalzeranno un altare in memoria degli zapatisti caduti nel 1994, quando “i compagni diedero le loro vite per reclamare giustizia e benessere per tutti; uomini e donne come loro non muoiono mai perché vivono nei nostri cuori”.
Lo scrittore John Berger ha inviato una lettera in solidarietà con lo sciopero della fame, nella quale sostiene che il trattamento che ricevono gli scioperanti “è un esempio allarmante del disprezzo dell’attuale governo verso le aspirazioni ed i diritti dei popoli che reprime e domina”.
Dalla prigione i detenuti oggi dicono: “Il nostro stato di salute sta peggiorando, alcuni dei nostri compagni accusano perdita di memoria e nausea. Il compagno Rosario Díaz Méndez sta molto male, il suo livello di glucosio è troppo alto”.
A 33 giorni di sciopero della fame, tornano a chiedere al governatore Juan Sabines Guerrero di “intervenire immediatamente per la nostra liberazione”. Esortano inoltre il governo federale “a dare istruzioni per il ritorno di Alberto Patishtán Gómez e la sua immediata liberazione”.
Insistono sui loro ingiusti arresti “per reati che non abbiamo mai commeso”, ma “il governo non ha risolto i nostri casi”. Esigono rispetto per lo sciopero della fame che ha iniziato Juan Collazo Jiménez il 27 ottobre a Motozintla. Aggiungono che il direttore di quella prigione, Pascual Martínez Cervantes, ed il giudice, Rogelio Ángel Camacho, “hanno minacciato il nostro fratello di trasferirlo in un altro centro o di punirlo mettendolo in isolamento”.
E dichiarano: “Siamo in prigione perché siamo poveri, analfabeti e non parliamo lo spagnolo. Esigiamo le nostre libertà che ci hanno rubato”.
Intanto, quattro collettivi dell’Altra Campagna in Chiapas (Red Contra la Represión y por la Solidaridad, Grupo de Trabajo No estamos Todos, La Otra Salud e Colectivo Contra la Tortura y la Impunidad) hanno denunciato che le autorità della prigione di San Cristóbal “hanno impedito diverse volte l’ingresso di personale medico”. Sabato 29 “è stato impedito l’accesso di una brigata medica con personale proveniente da Città del Messico”. Anche domenica, nonostante fosse giorno di visita generale, è stato impedito il loro ingresso. Inoltre, è stato impedito l’ingresso anche di familiare e amici.
Queste misure, come il trasferimento di Patishtán, “sono volte a reprimere il loro diritto di manifestare. I collettivi sottolineano “le violazioni di diritti umani da parte di José Antonio Martínez Clemente, sottosegretario degli Istituti di Pena, e José Miguel Alarcón García, commissario del Carcere N. 5, che mettendo a rischio la vita dei compagni”.
Lo sciopero della fame, sostengono, “è uno strumento riconosciuto a livello universale per difendere i diritti umani e denunciare e dare visibilità alle violazioni”. Per alcuni “costituisce una delle ultime forme pacifiche di difesa, quando altri mezzi anche legittimi e legali sono stati ignorati e soffocati”.
Rilevano che una delle implicazioni della protesta è il rischio per la salute. Per questo, “l’assistenza medica è un diritto indiscutibile, riconosciuto da diverse legislazioni internazionali e la cui privazione non è giustificabile da nessun argomento”. La Convenzione di Malta precisa che gli scioperanti, “in particolar chi si trova privato della libertà, ha diritto a che personale medico esterno all’istituzione penale” fornisca assistenza e accompagnamento. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/01/politica/018n1pol
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no tav tour: tappa veneziana
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solidarietà ai detenuti nelle tre prigioni del Chiapas
La Jornada – Venerdì 28 Ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
Si susseguono le espressioni di solidarietà e supporto con lo sciopero della fame e digiuno dei detenuti indigeni in tre prigioni del Chiapas per chiedere la loro scarcerazione, ed in particolare con il professor Alberto Patishtán Gómez, il cui trasferimento alla Prigione N. 8, a Guasave, Sinaloa, ha suscitato lo sdegno del Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità (MPJD) e delle organizzazioni civili che promuovono l’assegnazione del premio jTatic Samuel jCanan Lum 2012, che anche loro hanno manifestato solidarietà con i detenuti in sciopero della fame e digiuno nelle prigioni N. 5 a San Cristóbal de Las Casas, N. 14 a Cintalapa e N. 15 a Copainalá, così come dei loro familiari che si trovano in presidio permanente nella Piazza della Cattedrale di San Cristóbal.
Pedro López Jiménez, portavoces della protesta indigena, ha dichiarato a La Jornada che, dopo 29 giorni di sciopero, “la nostra salute si sta deteriorando, abbiamo ormai molti disturbi, ma siamo decisi e proseguiremo per chiedere la nostra liberazione; siamo ingiustamente in carcere, il governo lo sa ma continua a restare sordo”. Ha confermato che non ancora non è stato possibile entrare in contatto con Patishtán.
In un messaggio a Patishtán Gómez, il MPJD, guidato dal poeta Javier Sicilia, dice al detenuto indigeno: “Il suo arresto, la sua condanna ed il suo trasferimento a nord del paese, come fosse un criminale pericoloso, è un’ulteriore chiara prova della mancanza di giustizia che viviamo e che richiede le nostre migliori energie per costruire il paese e la giustizia di cui abbiamo bisogno”.
Il MPJD riferisce: Il 14 ottobre abbiamo informato pubblicamente della sua situazione il presidente Felipe Calderón, il quale aveva detto che si sarebbe informato, e ci siamo indignati del suo improvviso trasferimento a Guasave, Sinaloa, lontano dai tutti i suoi parenti e amici”.
Dice allo “stimato professore”, riconosciuto difensore dei diritti dei detenuti: “Lei ha avuto la solidarietà e la sensibilità permanente dei suoi compagni in prigione, ai quali sono stati violati i diritti umani, e si è dedicato a chiedere giustizia”.
Le organizzazioni del jCanan Lum ricordano che il 26 gennaio 2010 l’allora vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas visitò la Prigione N. 5, per consegnare a Patishtán Gómez il jTatic Samuel jCanan Lum, “come riconoscimento per il suo profondo impegno umano con cui, dalla prigione, porta avanti la causa di chi è ingiustamente imprigionato e, con la sua fede, promuove la difesa dei diritti umani, riuscendo ad ottenere la liberazione di 40 di queste persone, sebbene egli stesso continui a restare in prigione a scontare un’ingiusta condanna”.
Le organizzazioni riaffermano il loro supporto a Patishtán “nella sua lotta per la libertà e la giustizia” e si appellano alle autorità “affinché assicurino il ritorno di Patishtán nel centro di detenzione più vicino alla sua famiglia nel più breve tempo possibile, come indicano gli organismi internazionali dei diritti umani”.
Intanto, L’Altra Campagna ha realizzato una manifestazione davanti alla sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) a Città del Messico, a sostegno dei detenuti, denunciando inoltre che l’ONU segue una “Agenda Chiapas” in base alla quale “sostiene e finanzia” il governo del Chiapas “come difensore dei diritti umani”.
Infine, secondo l’ultimo bollettino medico sullo stato di salute degli scioperanti, “la debolezza e nausea aumentano, ed anche la loro voce ormai è debole”. Hanno perso in media otto chili, molti soffrono di diarrea e dolori addominali, condizione che aumenta la disidratazione. http://www.jornada.unam.mx/2011/10/28/politica/020n1pol
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