La Jornada – Mercoledì 6 aprile 2011
Il Frayba smonta le accuse contro gli indigeni tzeltales arrestati
Non erano sul luogo dei fatti, afferma, e sono in prigione “per motivi politici”
HERMANN BELLINGHAUSEN
Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) conferma che Jerónimo Guzmán Méndez, Juan Aguilar Guzmán, Domingo Pérez Álvaro e Domingo García Gómez, campesinos tzeltales di San Sebastián Bachajón (Chiapas), aderenti all’Altra Campagna, “sono prigionieri politici, poiché secondo la documentazione raccolta, il 2 febbraio non si trovavano sul luogo dei fatti”, il giorno in cui il botteghino ejidale di accesso al sito turistico è stato assaltato da un gruppo filogovernativo, con il consenso della polizia statale e dell’Esercito federale.
Gli indigeni sono stati arrestati il giorno dopo, insieme ad altri 113 ejidatarios che sono stati rilasciati dopo pochi giorni. Durante gli interrogatori, la Procura Generale di Giustizia dello Stato non ha fornito agli indigeni interpreti esperti e sono state fatte firmare loro delle dichiarazioni senza spiegazioni delle accuse, in violazione al diritto al giusto processo e le garanzie giudiziarie”.
Il Frayba sottolinea: “I presunti testimoni contro i prigionieri politici, erano tra i partecipanti allo sgombero violento del botteghino il giorno 2. Secondo le testimonianze, erano armati”. Il gruppo era guidato da Carmen Aguilar Gómez “che, secondo i testimoni, per molti mesi si era incontrato in diverse riunioni col segretario di Governo Noé Castañón León”.
E cita le testimonianza degli accusati che provano che non hanno mai commesso i reati imputati. Domingo Pérez Álvaro riferisce che quel giorno era ad Ocosingo per chiedere aiuti ed evitare che gli ejidatarios cadessero “nella provocazione della gente del Goyito” (dirigente filogovernativo). Lì ha incontrato Carlos Solórzano Arcea, sottosegretario di Governo, che “ha contattato il segretario di Governo avvisandolo che era con lui”.
Domingo García Gómez conferma che in quella data non era sul luogo dell’aggressione contro i suoi compagni “perché ero nella mia piantagione di caffè con mio figlio Domingo e sua moglie”. Era stato avvisato della riunione al botteghino, “ma eravamo d’accordo di finire il taglio del caffè, per questo dissi a mio figlio di non andare alla riunione”.
Juan Aguilar Guzmán sostiene che nemmeno sapeva cosa era successo “perché mi avevano incaricato di andare al caracol zapatista con la giunta di buon governo, ed era già notte quando sono tornato a casa mia”. Gerónimo Guzmán Méndez dice: “Sono uscito di casa a Kakate’el alle 6 del mattino col mio camioncino, dove ho caricato otto persone a Chilón”. Al ritorno “la strada era bloccata dai filogovernativi e per timore che danneggiassero il mio veicolo, mi sono diretto Sacj’ún”. “Sono arrivato all’incrocio di Agua Azul alle 8 di sera”.
Mariano Demeza Silvano (17 anni) è accusato degli stessi reati (attentati contro la pace e l’integrità fisica ed il patrimonio dello stato) dei 113 fermati inizialmente. Il Frayba ritiene “che sia stata data una condanna eccessiva ad un minorenne”: nemmeno lui h avuto l’assistenza di un interprete specializzato “ed è stato obbligato a firmare una dichiarazione dove gli vengono imputati reati che non ha commesso”.
Secondo la denuncia, i detenuti sono “privati arbitrariamente della libertà”. In questo modo “il governo dello stato li pressa affinché partecipino al ‘Tavolo di dialogo ed accordo del centro turistico Agua Azul’ “, e cedano così la gestione del botteghino di ingresso. Inoltre, non sono state prese in considerazione prove e testimoni a favore dei detenuti, “soggetti a persecuzione e ricatti” dei funzionari statali “che condizionano la loro libertà al ‘dialogo’ ed alla consegna del territorio”.
Nel chiedere la “liberazione immediata” dei cinque detenuti di Bachajón, il Frayba chiede “un’investigazione imparziale, immediata, seria ed esaustiva per identificare gli autori materiali dell’assassinio di Marcos García Moreno e del ferimento di Tomás Pérez Deara”. Inoltre, che cessi la persecuzione contro i popoli attraverso strategie per imporre a comunità ed organizzazioni “condizioni e progetti governativi in cambio del controllo delle loro risorse naturali”. http://www.jornada.unam.mx/2011/04/06/index.php?section=politica&article=020n1pol